L’epoca della sudditanza al sovranismo di Matteo Salvini è archiviata. Così come è stata scartata, per il momento, qualsiasi tentazione di federazione tra Forza Italia e Lega, che per molti era un’annessione degli azzurri al Carroccio. Anche necessaria, visto il vento negativo che spirava sulla creatura di Silvio Berlusconi.
Giù dal Carroccio, Forza Italia chiude alla Federazione
L’esito delle Amministrative ha dato una nuova verve a dirigenti e parlamentari di Fi, ribaltando lo scenario, non tanto per il risultato conseguito dal partito, bensì per le difficoltà dell’alleato storico. Salvini ha perso il tocco magico, si sa. E addirittura se ne sono accorti gli amici di sempre.
Tanto che ora il progetto è di recuperare i voti persi dalla Lega, soprattutto al Nord, già granaio di consensi berlusconiani. Sono elettori in libera uscita, che difficilmente potranno abbracciare la causa Fratelli d’Italia, visto come un soggetto troppo romanocentrico, e ancora di meno possono prendere la strada del Pd. Così, i berlusconiani credono nella risalita. Forse anche più di Silvio Berlusconi stesso. Il simbolo di questo obiettivo è la “presa della Regione Lombardia”.
Fino a poche settimane fa era dato per scontato che la scelta spettasse alla Lega, in particolare a Salvini, intenzionato a puntare sulla riconferma di Attilio Fontana. Un quadro che adesso alimenta perplessità nel centrodestra. Con Forza Italia che pensa a come alzare la voce: “La ricandidatura di Fontana sarebbe un assist alla sinistra, che se sceglie un avversario credibile rischia di vincere. Sarebbe un disastro”, è il ragionamento, raccolto da La Notizia, che circolava alla Camera durante l’analisi del voto. E quindi? “Serve un profilo moderato”.
Tradotto: Forza Italia reclama la candidatura alla presidenza della Regione, diventata ormai un feudo leghista.
Arriva pure lo schiaffo di Tosi
Del resto che qualcosa fosse cambiato nei rapporti tra Lega e Fi è stato confermato dallo schiaffo che il coordinatore, Antonio Tajani, ha rifilato al Carroccio, seppure con eleganza. Non è passata inosservata l’accoglienza, con tanto di consegna tessera a favore di telecamera, riservata a Flavio Tosi. Si parla del terzo incomodo nella competizione a Verona, che vanta un “pacchetto” di consensi potenzialmente decisivo per decidere il ballottaggio tra Damiano Tommasi e Federico Sboarina. E che non sembra propriamente propenso a sostenere il rivale di centrodestra. Eppure i berluscones hanno rivendicato la scelta. Un messaggio chiaro recapitato ai vertici di Via Bellerio. Il cambio di marcia, rispetto alla posizione accondiscendente nei confronti del Carroccio, prende quota con un’ulteriore constatazione: nei Comuni si affermano i sindaci di centrodestra a trazione moderata. Il profilo tracciato è quello di Marco Bucci, fresco di conferma a Genova. Certo, il primo cittadino genovese difende la propria indipendenza, anche perché non gli conviene invischiarsi nel derby tra berlusconiani e totiani, che fanno riferimento al presidente della Regione Liguria in carica. “Ma di certo Bucci è più assimilabile ai moderati che ai sovranisti”, osserva un parlamentare di lungo corso.
Dal Pirellone a Palazzo Chigi
E come si declina su scala nazionale questa strategia? Dal Pirellone si può scendere fino alla Capitale, reclamando la guida della coalizione, o comunque del governo, nella prossima legislatura. Salvini vede calare, giorno dopo giorno, le quotazioni per la scalata di Palazzo Chigi.
All’opposto Giorgia Meloni inizia ad accarezzare il sogno di diventare la prima donna presidente del Consiglio. I numeri sono dalla sua parte e si gode la spinta mediatica del momento. Tuttavia, non mancano i freni: lo spirito tutt’altro che europeista, alcune arringhe eccessive, come quella in Spagna sul palco degli estremisti di destra del partito Vox, sono un macigno lungo la rotta di Palazzo Chigi. Così, dalle parti di Forza Italia, c’è chi accarezza la possibilità di prendersi la leadership. Non con Berlusconi, ormai troppo in là con gli anni.
C’è Mara Carfagna, che viene ritenuta idonea. La ministra del Sud, stimata da Mario Draghi e ben vista anche dal Quirinale, sarebbe la garanzia di una leader moderata, saldamente europeista, e con la novità di una donna, meridionale, presidente del Consiglio. Non a caso, mentre alcuni la danno in rotta con i vertici forzisti, lei non ha mai strappato, a differenza di quanto accaduto con gli altri ministri Gelmini e Brunetta, con Forza Italia. Una posizione da equilibrista, perfetta per diventare la sintesi tra le fazioni di un’alleanza in una guerra tribale perenne.