“La Francia ha fornito equipaggiamenti militari all’Ucraina per un valore di 2,615 miliardi di euro, a cui si aggiungono 1,2 miliardi versati alla European Peace Facility”. La risposta di Parigi alle critiche della Germania, che l’accusa di non aver contribuito a sufficienza allo sforzo bellico di Kiev, arriva con i numeri delle armi spedite in Ucraina. Smentendo la contabilità del Kiel Institute.
Trasparenza massima. Il ministero della Difesa francese ha pubblicato l’elenco completo delle forniture di armi all’Ucraina
Il sostegno militare totale alla causa ucraina – dal 24 febbraio 2022 al 31 dicembre 2023 – ammonta a circa 3,8 miliardi di euro. Ma non è tutto. Perché il sito del ministero della Difesa francese ha persino pubblicato l’elenco completo delle forniture militari. Omissando solo il numero di missili Mistral, Aster e Scalp. Una bella lezione di trasparenza. Soprattutto per l’Italia. Che pur avendo contribuito ad armare l’esercito di Kiev per 2,2 miliardi di euro per gli aiuti militari all’Ucraina – ben oltre i 691 milioni conteggiati dallo stesso Kiel Institute, come rivelato dal Foglio – a differenza della Francia, continua a mantenere il segreto sul dettaglio delle forniture militari.
Una situazione destinata a peggiorare con le modifiche predisposte dal governo alla legge (185/90) sull’export militare grazie alle quali, secondo la Rete Pace Disarmo “l’industria delle armi ha incassato il primo, grave e pericoloso regalo”.
Il nostro Paese ha spedito materiale bellico per 2,2 miliardi ma la Meloni limita pure i controlli
Infatti, lo scorso gennaio, le Commissioni Affari Esteri e Difesa del Senato hanno approvato “tre emendamenti che inficiano gravemente la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni dall’Italia di materiali militari. E che si innestano su un testo che presenta già aspetti problematici, perché modifica i meccanismi di rilascio delle autorizzazioni affidando il cuore delle decisioni all’ambito politico senza un adeguato passaggio tecnico che garantisca il rispetto dei criteri della legge italiana e delle norme internazionali sulla materia”. Insomma, un ulteriore compressione non solo della trasparenza, ma anche dei controlli.