Ha ammesso di aver messo il forchettone blocca freno, e di averlo fatto altre volte, Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, interrogato oggi per circa tre ore dal gip Donatella Banci Buonamici durante l’udienza di convalida.
Difeso dall’avvocato Marcello Perillo, Tadini ha spiegato che le anomalie manifestate dall’impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. “Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse”, ha detto ancora Tadini al gip.
Nel carcere di Verbania si sono svolti gli interrogatori anche degli altri due indagati, Luigi Nerini e Enrico Perocchio, fermati mercoledì scorso con l’accusa di omicidio colposo plurimo per l’incidente della funivia del Mottarone che ha causato domenica scorsa 14 morti, tra cui due bimbi, e un ferito grave, il piccolo Eitan di 5 anni ancora ricoverato.
La difesa di Gabriele Tadini ha chiesto al gip, al termine dell’interrogatorio, la misura degli arresti domiciliari, non la libertà. Il suo legale ha chiarito di non aver chiesto al giudice che non venga applicata una misura cautelare. Per contenere le esigenze cautelari, per la difesa, bastano i domiciliari. Il problema del cattivo funzionamento dei freni, ragione per cui Tadini ha utilizzato il cosiddetto “forchettone”, secondo l’avvocato Perillo “non è in alcun modo collegabile al problema della rottura della fune trainante”.
Il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrara , titolari dell’inchiesta sulla tragedia del Mottarone, hanno chiesto per tutti la convalida del fermo e di custodia in carcere. Poi, sarà il gip a dover decidere sulla convalida e sull’eventuale misura cautelare. Per la Procura ci sono tutte le esigenze cautelari: pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. Fuori dal carcere una persona manifesta con un cartello con scritto “se colpevoli, ergastolo”.