Chiudiamo tutto anzi no. Se non fosse che siamo in emergenza, ci sarebbe da ridere sulle mosse a tratti indecifrabili del presidente della Regione, Attilio Fontana. Già perché doveva essere la serrata definitiva di tutti i servizi non essenziali in Lombardia quella invocata – quasi a reti unificate – dal governatore leghista al governo, a cui tra l’altro muoveva pesanti critiche per lentezze e indecisioni, ma invece si scopre che era quasi uno scherzo. Intendiamoci sono effettivamente pervenute delle richieste al premier Giuseppe Conte per decretare ulteriori restrizioni ma non c’è affatto la serrata totale che veniva sbandierata ai quattro venti.
Infatti si scopre che la Lombardia chiede di chiudere tutti i negozi e gli esercenti, ad eccezione di farmacie e alimentari, ma non le grandi aziende il cui destino resta in mano ai singoli industriali che potranno decidere come comportarsi. Una decisione che sembra denotare grande confusione e che sarebbe maturata dopo un faccia a faccia con Confindustria e sindacati, entrambi fermamente contrari a bloccare totalmente il motore produttivo d’Italia. Così è bastato questo a convincere il presidente Fontana ad un dietrofront che davvero nessuno si aspettava.
LA RETROMARCIA. Che qualcosa sia intervenuto a far cambiare idea al governatore non è un mistero per nessuno. Anzi è la stessa Regione, nella lettera inviata al premier, ad ammettere che “per quanto riguarda le restanti attività produttive è già stato raggiunto un accordo con Confindustria Lombardia che provvederà a regolamentare l’eventuale sospensione o riduzione delle attività lavorative per le imprese”. Decisione legittima, per carità, ma c’è da chiedersi se non sia stata presa un po’ troppo alla leggera visto quanto sostiene, probabilmente a ragione, il governatore leghista stesso. Proprio lui, giornalmente, racconta di una sanità lombarda prossima al collasso tanto che ad inizio settimana ha perfino detto che “reggeremo al massimo una settimana”.
Di conseguenza o la situazione è meno grave di quanto ci raccontava, cosa che sembra difficile da credere visti i bollettini medici della protezione civile, oppure la serrata precauzionale era quantomeno indicata. Un dubbio, questo, che appare ancor più concreto alla luce delle parole del leader della Lega, Matteo Salvini, che ieri, smentendo il suo stesso governatore, ha spiegato: “Gli ultimi dati dal territorio sono la migliore risposta a chi non crede a una emergenza, nelle ultime 48 ore, in Lombardia, ci sono stati 248 morti, ora bisogna chiudere tutto per 15 giorni, per ripartire più forti di prima” anche perché “se non si chiude non si ripartirà mai”.
MISURE IN ARRIVO. Ora la palla passa al governo che già martedì ha fatto sapere di essere aperto a tutto, anche alla serrata totale, a patto che venga chiesto ufficialmente dal governatore. Il premier Conte già martedì, quando Fontana ha dichiarato di voler chiedere la chiusura totale della Lombardia, ha detto: “C’è stata una videoconferenza, ho dato mandato al ministro Speranza di sollecitare il governatore Fontana a formalizzare le richieste motivandole. Siamo in attesa di ricevere quelle richieste. Non c’è nessuna chiusura verso misure più restrittive”. Ora che sono davvero arrivate, per giunta in una forma ben più soft di quanto sembrasse in un primo momento, sono state affidate ad una task force che ne valuterà l’utilità. L’esito di tale analisi degli esperti appare del tutto scontato come anche il conseguente via libera che arriverà dal Governo.