Difficile dire quale sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Fatto sta che dopo mesi di accuse, polemiche e richieste di spiegazioni – sostanzialmente rimaste inascoltate -, le opposizioni al Pirellone hanno consumato l’ultimo strappo nei confronti del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Proprio ieri è stata depositata ufficialmente a Palazzo Pirelli la mozione di sfiducia, presentata da tutte le opposizioni ad eccezione della sola Italia Viva, nei confronti del governatore leghista. Il documento, lungo ben 8 pagine, fa riferimento alla gestione dell’emergenza Covid-19 da parte della giunta a trazione leghista e non lesina riferimenti al caso della mancata istituzione della zona rossa nella bergamasca, a quello che viene definito nell’atto come “l’inquietante e triste pagina” delle rsa e all’apertura dell’Ospedale Covid all’interno della Fiera di Milano dove i pazienti ospitati “sono stati poco più di una decina”.
Una lunga lista di ritardi e omissioni, vere o presunte, tra cui figura anche l’iniziale difficoltà nel reperire mascherine e altri dispositivi di protezione individuale e anche il caso giudiziario dell’affidamento diretto e senza gara alla multinazionale Diasorin per la realizzazione dei test sierologici. Che l’istanza fosse ormai dietro l’angolo, nonostante dalla Lega si siano detti sorpresi, è chiaro da tempo. Basta riavvolgere il nastro del tempo al luglio scorso quando, dopo mesi di scandali e di una devastante pandemia, i consiglieri di M5S hanno iniziato a chiedere un confronto al governatore in consiglio regionale a cui, invece, si è spesso e volentieri sottratto. A denunciare questa mancanza, il 24 luglio scorso a La Notizia, è stato il capogruppo di M5S in Lombardia, Massimo De Rosa, che in quell’occasione ha spiegato come “il presidente Fontana attendiamo ancora venga a riferire in Aula delle scelte di cui è responsabile. È latitante da talmente tanto tempo che pare abbia deciso da solo di farsi da parte”.
Una mancanza di risposte che, evidentemente, ha convinto i grillini, questa volta appoggiati anche dai dem, da Azione e da +Europa, a chiedere la sfiducia che, a questo punto, dovrebbe essere discussa il 7 e l’8 settembre. “Il Consiglio Regionale deve al più presto discutere e prendere atto di una situazione che crediamo non sia più sostenibile. Per questo chiediamo che venga messa all’ordine del giorno della prima seduta disponibile la discussione della nostra mozione di sfiducia. Il modo migliore per ricostruire un rapporto di fiducia tra i cittadini e l’istituzione regionale è il ritorno alle urne”, hanno spiegato i capigruppo delle minoranze in Consiglio regionale della Lombardia: De Rosa di M5S, Fabio Pizzul del Pd, Elisabetta Strada della lista Lombardi Civici Europeisti, Michele Usuelli di +Europa. Niccolò Carretta del Gruppo misto – Azione.
I capigruppo di opposizione, in questo atto d’accusa, si dicono “molto preoccupati per la salute di tutti i cittadini lombardi: riteniamo che la disastrosa esperienza di questa amministrazione debba andare a concludersi il prima possibile. L’imbarazzante stato di crisi costante in cui questa Giunta continua ad operare ha minato alla radice ogni possibile rapporto di fiducia con i cittadini e indagini, inchieste e scandali non sono che una indiretta conferma della confusione che regna a Palazzo Lombardia”. L’unica a sfilarsi nella minoranza è stata la renziana Patrizia Baffi, che già a luglio aveva spiegato di non condividere “un modus operandi fatto di processi sommari”.