Un intento nobile che rischia, ora, di essere miseramente tradito nella pratica. Perché se da una parte il governo allora presieduto da Giuseppe Conte aveva pensato di stanziare ben 2,5 miliardi da qui al 2034 “progetti di costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di asili nido, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia” con particolare riguardo però alle zone più svantaggiate del Paese e dunque con un occhio rivolto al Sud, a quanto pare la maggior parte dei fondi sta andando al Nord, anche in città di rilievo come Milano o Torino.
È questo ciò che denuncia le parlamentari pentastellate Rosalba Testamento (nella foto) e Rosa Menga che hanno presentato a riguardo un’interrogazione rivolta al presidente del Consiglio Mario Draghi e a vari ministri che si occupano per proprio conto del tema (Elena Bonetti, Luciana Lamorgese, Daniele Franco e ovviamente il titolare dell’Istruzione Patrizio Bianchi). Per capire nel dettaglio la questione, però, bisogna fare un passo indietro.
La norma in questione risale alla legge di Bilancio 2020, approvata il 27 dicembre 2019. Il comma 59 dell’articolo uno istituisce il “Fondo Asili nido e Scuole dell’infanzia” con una dotazione, come detto, di 2,5 miliardi di euro fino al 2034. Il 30 dicembre 2020 un decreto attuativo della Presidenza del Consiglio dei ministri ha individuato le risorse relative al quinquennio 2021-2025 per un valore di 700 milioni di euro, nonché i “criteri di riparto e le modalità di utilizzo di tali risorse e presentazione dei progetti da parte dei comuni”, si legge ancora nell’atto parlamentare.
Nel dettaglio, i 700 milioni di euro sono stati così ripartiti: 280 milioni per gli asili nido; 175 per le scuole dell’infanzia; 105 i centri polifunzionali per servizi alla famiglia, 140 milioni la riconversione di spazi delle scuole dell’infanzia attualmente inutilizzati. Il 60 per cento delle risorse di ciascun capitolo – si legge nitidamente sul portale del ministero dell’Istruzione – sarà destinato alle aree periferiche e svantaggiate per recuperare i divari esistenti.
CRITERI DISCUTIBILI. C’è però qualcosa che non torna. Secondo quanto si legge nell’atto parlamentare, infatti, l’avviso pubblico per la presentazione di progetti presenterebbe “elementi alquanto discutibili, tali da far pensare che non sia stato costruito in maniera da favorire i territori maggiormente svantaggiati”. Addirittura? Pare proprio di sì. “Sebbene fosse stata definita come presupposto l’assegnazione del 60 per cento delle risorse a progetti localizzati in aree svantaggiate del Paese, al Sud andrebbe solo il 48 per cento, circa 336 milioni di euro”, spiegano Testamento e Menga.
Inoltre, a far maggiormente riflettere sono alcuni criteri che vengono adottati per l’attribuzione dei relativi punteggi ai progetti, “criteri che appaiono quanto meno discutibili e che sono stati evidenziati anche dai sindaci aderenti alla Rete Recovery Sud”. Un esempio? Verrebbero assegnati solo 3 esigui punti ai progetti che dovrebbero far nascere asili nido o scuole dell’infanzia in aree che ne sono sprovviste. E ancora si prevede l’assegnazione al progetto di un punteggio proporzionalmente crescente all’aumentare della percentuale di compartecipazione al suo finanziamento da parte del comune proponente, favorendo così i territori con maggiori disponibilità finanziari. Insomma, rischia di essere un vero e proprio disastro quello del “governo dei migliori” e che soprattutto rischia di vanificare l’imprinting dato allora dal governo Conte 2.