Proprio mentre le opposizioni – per una volta unite – lanciavano l’allarme per lo smantellamento del servizio pubblico e la democrazia, un altro attacco alla Rai arrivava da un big del Pd, il governatore toscano Eugenio Giani, che apriva all’idea ventilata dal commissario Agcom, Antonello Giacomelli, di contratti di pubblico interesse che consolidino il rapporto fra il mondo dell’emittenza televisiva locale e le istituzioni.
Tradotto: fondi pubblici della Regione Toscana a emittenti locali, con buona pace da un lato dell’indipendenza dell’informazione, dall’altro del servizio pubblico.
“Ormai la Rai è sempre meno regionale”
Un rapporto di committenza “l’auspicherei”, ha spiegato Giani, “perché lo Stato per la sua autorevolezza, la sua informazione istituzionale ha un rapporto con la Rai che è sempre meno regionale e sempre di più si concentra su un’informazione statale”. E questo aspetto, per il governatore, pone la necessità alle Regioni di costruire un rapporto analogo con le tv del territorio.
“Avendo come Regioni non un solo mezzo di informazione, la Rai, ma una pluralità di soggetti che a livello sono cresciuti in qualità e investimenti, dovremo trovare un metodo nel momento in cui decidiamo di legiferare – avverte il governatore- Se trovassimo un metodo, sarei apertissimo a contratti di servizio che gestiti in modo equilibrato, senza favorire nessuno, ma declinati in termini obiettivi, possano dare ancora più sostegno all’attività di questi mezzi di informazione”.
“Proposta pericolosa”
Una proposta bollata immediatamente come “molto pericolosa” dall’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai. “Ci chiediamo se Giani voglia smembrare il Servizio Pubblico”, si legge in una nota congiunta del sindacato e coordinamento Cdr Tgr, “La vecchia ambizione di chi animò la Legge Gasparri, che prevede la possibilità di attivare contratti di servizio regionali, ora trova sponde anche nel Pd? Se fino ad oggi questa possibilità è rimasta lettera morta”, aggiunge l’Usigrai, “è perché è evidente che attivarla significa privatizzare di fatto il Servizio Pubblico e condannare la Rai al ridimensionamento”.
Inoltre “dal 2021 ogni anno 110 milioni di euro vengono impropriamente sottratti dal canone Rai per finanziare il fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria, a cui attingono anche le TV private. Ben venga ogni sostegno all’editoria e all’informazione locale, ma il canone dovrebbe servire a garantire esclusivamente il servizio pubblico della Rai”, concludono l’Esecutivo Usigrai e il Coordinamento Cdr Tgr.