La giustizia francese si prepara a mettere sotto i riflettori la leader dell’estrema destra Marine Le Pen, in un processo che promette di essere spettacolare nel senso più greve dl termine. La protagonista, accompagnata da un cast di tutto rispetto composto da figure di spicco del Rassemblement National, si troverà a recitare la parte dell’imputata in un’aula di tribunale parigino, accusata di aver orchestrato un elaborato schema di frode ai danni del Parlamento Europeo.
Il copione? Un classico: soldi pubblici usati per finanziare carriere private. L’accusa sostiene che Le Pen e i suoi compari abbiano trasformato il Parlamento Europeo in un bancomat personale, assumendo assistenti parlamentari che, guarda caso, lavoravano esclusivamente per il partito. Una sorta di “Prendi i soldi e scappa” in salsa europea, con la differenza che qui nessuno è scappato, almeno per ora.
Il prezzo della gloria: i rischi di una condanna
Le cifre in ballo farebbero impallidire persino i contabili più creativi: si parla di circa 3 milioni di euro sottratti dalle casse dell’Ue. Una somma che, ironia della sorte, potrebbe costare a Le Pen molto più di quanto valga. Se condannata, rischia fino a 10 anni di reclusione, una multa da 1 milione di euro e, ciliegina sulla torta, l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Un tris che metterebbe ko le sue ambizioni presidenziali per il 2027, anno in cui sperava di coronare il suo sogno di diventare la prima donna presidente della Repubblica francese.
Ma Le Pen, da canto suo, non si lascia intimidire. Ha già annunciato che sarà presente in aula “il più possibile”, quasi fosse un’opportunità di campagna elettorale fuori stagione. D’altronde, chi meglio di un’ex avvocatessa potrebbe difendersi in un processo? Sarà come tornare alle origini, ha dichiarato un suo fedelissimo, dimenticando forse che questa volta il banco degli imputati non è esattamente la posizione migliore per arringare.
Il processo, che si protrarrà fino al 27 novembre, promette colpi di scena degni delle migliori serie TV. Tra i co-imputati figura anche il padre di Marine, Jean-Marie Le Pen, patriarca novantaseienne del partito, che però non si presenterà in aula per motivi di salute. Una assenza che priva il pubblico di quello che sarebbe stato un confronto generazionale degno di un dramma shakespeariano.
Dalla persecuzione al martirio: la strategia difensiva del Rassemblement National
Ma il vero spettacolo potrebbe essere fuori dall’aula. Il Rassemblement National, fedele alla sua retorica anti-establishment, ha già etichettato l’intera vicenda come una “persecuzione” politica, un complotto ordito dal sistema per fermare l’ascesa inarrestabile di Le Pen. Una narrazione che, paradossalmente, potrebbe rafforzare il sostegno dei suoi elettori, sempre pronti a vedere complotti dietro ogni angolo.
E qui sta il genio perverso della situazione: in un’epoca in cui la vittimizzazione paga più dei dividendi in borsa, essere sotto processo potrebbe rivelarsi un’accelerazione elettorale inaspettato. Le Pen potrebbe uscire dal tribunale più forte di prima, indipendentemente dal verdetto. Se assolta, griderà al trionfo della giustizia. Se condannata, al martirio politico.
Intanto, all’orizzonte si profila già l’ombra di Jordan Bardella, il giovane delfino di Le Pen, pronto a raccogliere lo scettro del partito in caso di condanna della sua mentore. A soli 29 anni, Bardella rappresenta il futuro dell’estrema destra francese, un futuro che potrebbe arrivare prima del previsto se Le Pen dovesse inciampare nelle aule di giustizia.
In tutto questo, l’ironia della sorte vuole che proprio l’Unione Europea, tanto vituperata da Le Pen, possa essere l’artefice della sua caduta. Gli stessi fondi europei che il suo partito ha sempre criticato potrebbero rivelarsi il tallone d’Achille della sua carriera politica.
La narrazione del martirio giudiziario, che qui da noi interpreta Salvini, è solo all’inizio.