È inevitabile: con il tragico conflitto in corso in Ucraina, nei corridoi del Parlamento europeo si è tornato a parlare insistentemente del progetto della “Difesa europea”. Un’urgenza per alcuni Paesi (Francia, Germania e la stessa Italia in primis), un piano su cui prender tempo per altri (i Paesi di Visegrad). In mezzo a una nube di incertezze, l’unica cosa assodata è che finora, dopo vent’anni da quando per la prima volta è stato presentato tale programma, poco o nulla è stato fatto. Con un dispendio enorme di risorse pubbliche.
Con il conflitto in Ucraina, nei corridoi di Bruxelles si è tornato a parlare insistentemente del progetto della “Difesa europea”
La prima volta che venne partorita l’idea di un esercito europeo era il 2001 e si pensò a quest’ipotesi proprio dopo l’attentato alle Torri Gemelle per fronteggiare l’emergenza terrorismo. Poi l’idea è stata concretamente messa in piedi nel 2016 e si è tornato a parlare dopo la ritirata da Kabul dell’Occidente, e ora con l’invasione russa, segno evidentemente che perlomeno su questo fronte venti anni sono passati inutilmente.
Già dal 2017 è stata introdotta prima l’Azione preparatoria sulla ricerca in materia di difesa (PADR), con una dotazione di 90 milioni di euro a sostegno di progetti collaborativi di R&T (Ricerca e Tecnologia); e poi il Programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (EDIDP), con una dotazione di 500 milioni di euro per cofinanziare progetti industriali comuni nella fase di sviluppo. A metà 2020, peraltro, fece molto discutere l’indizione di ben 24 call per l’acquisto di armamenti da parte dell’Ue per una spesa complessiva di 160 milioni di euro.
L’Europa contava tra le altre cose di potenziare o realizzare elicotteri da combattimento di ultima generazione (per una spesa di 22 milioni di euro); di portare avanti un progetto di “artiglieria rafforzata” e di supporto al fuoco diretto o indiretto (7 milioni); di realizzare, ancora, nuovi mezzi corazzati in grado di agire anche in ambienti climatici estremi (9 milioni). E non mancano, poi, le call quasi fantascientifiche: dall’ideazione di strumenti anche a pilotaggio remoto di immersione subacquea per rilevare eventuali minacce sub-superficie (22,5 milioni); fino agli strumenti di difesa grazie all’intelligenza artificiale (5,7 milioni).
Ma quello è stato solo il primo passo: la Commissione, secondo quanto si legge in una passata relazione della Corte dei Conti europea, ha stanziato un “marcato incremento per la difesa e la sicurezza esterna, che ammonterebbe a 22,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, contro i 2,8 miliardi di euro del periodo 2014-2020”.
Un aumento considerevole che finora, viste le discussioni e i passi in avanti (non) fatti, lascia emergere seri dubbi sull’opportunità di un progetto teoricamente condiviso e concretamente osteggiato. Senza dimenticare il dubbio non così remoto: ai lavori preparatori del programma parteciparaono le principali aziende del business armato (l’allora Finmeccanica compresa). E forse, chissà, anche il loro parere non era poi così disinteressato.