di Stefano Sansonetti
È un futuro che si intreccia con il destino di 3.300 capi di vacche da latte. Per non parlare di produzioni agricole varie, tra cui spiccano anche vini e una grappa di Merlot. Il tutto su un’area di almeno 3.200 ettari, che molto presto sarà al centro di una “curiosa” operazione. In ballo ci sono le sorti dell’aeroporto di Fiumicino, lo scalo romano controllato da Adr-Aeroporti di Roma. La società, al cui vertice è stato da poco confermato Fabrizio Palenzona, nei mesi scorsi è stata beneficiata da un regalo da parte del governo Monti. Parliamo della revisione delle tariffe aeroportuali, condizione alla quale Adr, che fa capo alla famiglia Benetton, aveva subordinato un piano di investimenti da 12 miliardi per i prossimi anni, il cui obiettivo è raddoppiare lo scalo di Fiumicino. Come dire: o mi concedi l’aumento delle tariffe o io non ti modernizzo l’aeroporto. Per ora il risultato è un peso in più per le tasche dei passeggeri. Ma nell’immediato futuro la prima cosa da fare è trovare gli spazi per costruire piste, aerostazioni e alberghi. Non è cosa da poco, perché servono circa mille ettari. E qui quello che si va delineando è un autentico “capolavoro”. Già, perché i terreni in questione rientrano in buona parte nella pancia di una società che si chiama Maccarese spa. La cui proprietà, guarda un po’, per il tramite del veicolo Edizione, fa capo proprio ai Benetton. Il solito intreccio all’italiana, verrebbe da dire, che da qualche mese viene stigmatizzato dal Comitato Fuoripista. Un nome eloquente, per un movimento che sta prendendo corpo e che naturalmente non è per nulla convinto della bontà dell’operazione. E’ appena il caso di ricordare che la famiglia Benetton si è appena resa protagonista dell’operazione di fusione di Gemina, la holding che controlla Adr, in Atlantia, il colosso delle autostrade. Struttura più snella, che però poco cambia in termini di proprietà.
I terreni, tra vitelli, vacche e un impianto di biogas. La Maccarese spa ha un’attività multiforme. Nel 2011, tanto per dare una cifra, ha fatturato 8,1 milioni di euro vendendo latte, mangimi, grano, carote, patate ed energia elettrica prodotta addirittura da un impianto di biogas inaugurato qualche anno fa. Sui 3.200 ettari di terreni, tra l’altro, sorge anche il castello di san Giorgio, un immobile sottoposto ai vincoli dei Beni culturali che la Maccarese ha messo a disposizione del comune di Fiumicino per celebrarci matrimoni. Il valore di tutto questo bendidio, secondo l’ultimo bilancio 2011, ammonta a 27,4 milioni di euro. Ma è chiaro che la Maccarese e i suoi azionisti puntano a molto di più.
Il piano, infatti, prevede che l’Enac, già investita della questione, apra tutta una fase di verifiche di impatto ambientale e urbanistico. Una volta terminata questa fase, si dovrà procedere all’esproprio dei terreni, con conseguente risarcimento concesso alla Maccarese spa, e quindi ai Benetton. Attenzione: con l’esproprio il valore dei terreni agricoli aumenta, da qui la prospettiva di una corposa plusvalenza. Insomma, ci si potrebbe ritrovare in un’incredibile situazione in cui i Benetton proprietari dell’aeroporto si troverebbero a poter disporre di mille ettari di terreni che i Benetton proprietari della Maccarese spa si sono visti espropriare e lautamente risarcire. I costi da esproprio, per inciso, sono compresi nel quadro generale dell’opera, e quindi sono a carico di Adr ma in gran parte coperti dall’aumento tariffario appena ottenuto. In altri termini, i Benetton di Adr da una parte potrebbero incassare i terreni senza sostenere sacrifici da esproprio; dall’altra gli stessi Benetton, stavolta dietro alla Maccarese, potrebbero addirittura arricchirsi ottenendo proprio il risarcimento per l’esproprio. Il tutto per raddoppiare lo scalo con 12 miliardi che saranno fondamentalmente coperti dall’aumento delle tariffe e dai finanziamenti bancari che lo stesso aumento saprà innescare. A questo punto lo scenario come minimo lascia sul tappeto una domanda: quanto soldi metteranno i Benetton direttamente di tasca loro?