Nel giorno in cui il Parlamento dà il via libera alla Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza e alla richiesta di scostamento, a smontare i piani di bilancio del governo Meloni ci pensano Fitch e il Fondo monetario internazionale. Le stime della Nadef rappresentano “un significativo allentamento della politica di bilancio rispetto agli obiettivi precedenti” del governo italiano, dice senza mezzi termini l’agenzia di rating.
Fitch e il Fondo monetario internazionale smontano i piani di bilancio del governo Meloni. La più grande incognita è il Pnrr
Fitch prevede un calo più contenuto del debito che, riflettendo la revisione del deficit, in rapporto con il Pil scenderà di 1,3 punti percentuali al 140,3% quest’anno, meno rispetto ai 2,2 punti percentuali stimati a maggio. Il debito si stabilizzerà al 140% del Pil nel 2025. Il deficit per il 2023, pari nella Nadef al 5,3% del Pil contro il 4,5% del Def di aprile, è influenzato dal costo del Superbonus, sottolinea Fitch. L’obiettivo più ampio per il 2024, pari al 4,3%, incorpora un pacchetto fiscale netto di 0,7 punti percentuali, che dovrebbe includere circa 0,6 punti di tagli fiscali principalmente sul lavoro.
Anche gli obiettivi di disavanzo per gli anni successivi “sono stati allentati” fino al 2,9% del 2026. La stima di un graduale calo del rapporto debito/Pil al 139,6% nel 2026 incorpora anche i proventi delle privatizzazioni pari all’1% del prodotto interno lordo, “che consideriamo ambizioso”, scrivono ancora gli analisti. Fitch riconosce che “il sostegno pubblico al governo Meloni ha retto e la maggioranza parlamentare è più stabile rispetto a molte amministrazioni precedenti”. Tuttavia l’esecutivo “deve affrontare una notevole pressione politica per ottenere di più dei suoi impegni elettorali, il che pesa sulle prospettive di un maggiore consolidamento e sulle riforme per ridurre i rischi fiscali”.
L’agenzia ha rivisto le previsioni di crescita del Pil per l’Italia a settembre allo 0,9% nel 2023, all’1,0% nel 2024, all’1,0% nel 2024 e all’1,3% nel 2025 (una crescita media inferiore a quella ipotizzata nella Nadef). Ora definisce “un’incertezza chiave” l’accelerazione o meno dell’utilizzo dei fondi del Pnrr, dopo i rallentamenti nell’assorbimento delle risorse. Le critiche di Fitch aprono le danze durante le quali i conti italiani finiranno sotto la lente delle agenzie. La prima ad esprimersi sarà S&P, che il 20 ottobre annuncerà se confermare o rivedere il suo BBB con outlook stabile.
Il 27 sarà toccherà a Dbrs (BBB High con trend stabile), poi Fitch si esprimerà il 10 novembre (BBB con prospettive stabili). Ma la data più attesa è il 17 novembre, quando arriverà la decisione di Moody’s, rimasta in stand by da maggio, quando l’agenzia decise di non aggiornare il rating. L’attuale giudizio classifica l’Italia a Baa3 con prospettive negative e a fine aprile la stessa agenzia evidenziava in un report come l’Italia fosse l’unico Paese tra quelli ‘coperti’ a rischiare “di perdere l’’investment grade”.
E poi c’è il nuovo intervento del Fmi a gelare le attese del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Martedì gli esperti dell’Fmi avevano tagliate le stime del Pil (+0,7% nel 2023 e nel 2024) tornando indietro dalla revisione al rialzo operata appena nel luglio scorso. Ieri hanno spronato l’Italia a essere più ambiziosa negli obiettivi di riduzione del debito. Questa seconda sferzata al nostro Paese arriva dal meeting di Marrakech del Fondo Monetario e della Banca Mondiale, alla vigilia dell’arrivo di Giorgetti.
Il monito dell’agenzia di rating apre una serie di esami sui nostri conti pubblici. Dubbi anche dal Fmi
Nella conferenza stampa il responsabile del dipartimento di bilancio Vitor Gaspar ha sottolineato che “servono ambizioni aggiuntive in termini di aggiustamento dei conti pubblici in un contesto di rafforzamento degli obiettivi che il governo ha in questo ambito”. Per Gaspar “il debito pubblico calerà ma molto lentamente” “e ben al di sopra del livello pre-pandemico”. Per far scendere il rapporto debito/pil vi sono “due elementi cruciali, riforme strutturali per aumentare il potenziale di crescita potenziale” e obiettivi più ambiziosi. Giorgetti prova a replicare tanto a Fitch quanto al Fmi.
“Le agenzie di rating fanno il loro mestiere e le rispetto.
Quando leggeranno la legge di Bilancio capiranno che l’unica cosa che abbiamo fatto in extra deficit, a parte ovviamente l’Ucraina, a parte le cose che non dipendono da noi, è esattamente la conferma del taglio del cuneo contributivo’’, dichiara. “Dopodiché è chiaro che chi fa il direttore del Fondo monetario internazionale fa un mestiere diverso da un politico”, ha aggiunto il ministro leghista. “Il Fmi dà, diciamo, le direttive ai governi. Io ho a che fare con il Parlamento, e soprattutto con la gente e con le famiglie che stanno soffrendo”. Ma di fronte alle critiche tiene il punto: “Il governo italiano ha fatto le cose in modo responsabile e serio”. Benché molti, numeri alla mano, dicano il contrario.