Un po’ controcorrente. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non ha mai nascosto di volere un Fisco amico. E non a caso ora, in occasione di un convegno sulla riforma fiscale alla Camera, afferma: “Non penso e non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima, sono bellissime le libere donazioni non i prelievi imposti per legge”.
Nulla di nuovo, verrebbe da dire, sapendo quanto Meloni e il suo partito abbiano sempre inviato messaggi di questo tipo sul fronte fiscale. Proprio per questa ragione, spiega la presidente del Consiglio, c’è “una grande responsabilità” nel “gestire quelle risorse che non possono essere usate in modo irresponsabile per garantirsi facile consenso immediato e lasciare chi viene dopo a ripagare quella irresponsabilità”.
Il Fisco amico di Giorgia Meloni
Per la presidente del Consiglio “affrontiamo un momento storico particolarmente complesso a livello internazionale ma le crisi sono anche un’occasione. Ci viene imposto di dare risposte coraggiose e strutturali. Il Fisco è una delle prime materie affrontate, ci poniamo l’obiettivo di disegnare una nuova Italia”.
Meloni lo vuole fare, per esempio, con la riforma fiscale che “non è solo un ammasso di regole ma uno dei perni attorno ai quali ruota il tessuto economico della nazione, uno degli strumenti attraverso i quali lo Stato può prosperare, mettendo le aziende nelle condizioni migliori per produrre ricchezza”. Proprio questa riforma è considerato uno “strumento con cui lo Stato raccoglie le risorse necessarie ad erogare i servizi e a rendere la società più equa. Un sistema fiscale non nasce per soffocare la società ma per aiutarla a prosperare, non è uno strumento con cui lo Stato si impone sul cittadino ma è uno degli strumenti per dare risposte. Non deve opprimere le famiglie con norme astruse e un livello di tassazione ingiuste, ma deve chiedere il giusto e sapere usare ciò che chiede ai cittadini con lo stesso criterio che seguirebbe un buon padre di famiglia”.
Insomma, l’idea della presidente del Consiglio è quello di “uno Stato giusto, comprensivo e disponibile”, non percepito “come un avversario o a volte addirittura come un nemico” e per questo “non merita di essere aggirato. Questa è la scommessa culturale e i dati ci dicono che abbiamo ragione”. Quindi le regole meno stringenti sul Fisco, secondo Meloni, servono per “allineare le sanzioni ai parametri europei perché quelle che avevamo erano sproporzionate, illogiche e vessatorie. E anche abbastanza inutili”.