I tre parlamentari coinvolti sono stati sospesi de imperio dal comitato dei probiviri del Movimento, dopo che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti ai pm, rifiutando anche di lasciare agli inquirenti un campione della propria calligrafia.
Secondo la procura Nuti e un gruppo ristretto di attivisti come Di Vita, Mannino e Samanta Busalacchi, dopo essersi accorti che per un errore di compilazione le firme raccolte per le amministrative erano inutilizzabili, avrebbero deciso di ricopiare le sottoscrizioni raccolte, correggendo il vizio di forma. La falsificazione materiale delle firme viene contestata a 11 indagati: si tratta di Busalacchi, Di Vita, Mannino, e gli attivisti Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e i deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca. Per Nuti, invece, non c’è la prova della commissione del falso materiale: all’ex capogruppo del M5s alla Camera, si imputa, invece, l’avere fatto uso delle sottoscrizioni ricopiate visto che era lui il candidato a sindaco dei pentastellati a Palermo nel 2012.
Il tredicesimo indagato è il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello: per lui l’accusa è di avere dichiarato il falso affermando che erano state apposte in sua presenza firme che invece gli sarebbero state consegnate dai 5 Stelle. Reato di cui risponde in concorso con Francesco Menallo, avvocato ed ex attivista grillino che consegnò materialmente le firme al pubblico ufficiale per l’autenticazione.
La replica – Immediata, però, è arrivata la risposta dei tre palermitani interessati. “Apprendiamo dalla stampa della richiesta di rinviarci a giudizio nel procedimento penale sulle firme per le ultime comunali di Palermo”, dichiarano Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, indagati, che anticipano: “Attenderemo la notificazione della richiesta, poi a Roma terremo una conferenza stampa in cui racconteremo che cosa abbiamo detto ai magistrati e le novità di peso che abbiamo fatto emergere nell’interrogatorio sostenuto di recente”. “Ci è chiaro – proseguono i deputati – il tentativo di levarci politicamente di mezzo per avere campo libero, attraverso una montatura ben organizzata, che salvo ripensamento del Gup i magistrati avranno modo di smascherare nel processo penale”. “Fino ad oggi – continuano i deputati – abbiamo subito in silenzio menzogne e insinuazioni, sia sulla scelta di sottoporci a interrogatorio una volta apprese le accuse a nostro carico, sia sulla scelta di rilasciare il saggio grafico in un secondo tempo”. “Le tesi accusatorie – chiariscono i deputati – si fondano sulle testimonianze di Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, le quali, avendone già dimostrato l’inattendibilità per marcate incongruenze, dovranno reggere nel processo”. “Abbiamo fiducia nella Giustizia – concludono Nuti, Di Vita e Mannino – e siamo certi di poter provare la nostra innocenza e i nostri tentativi di contrastare assalti mirati al gruppo politico palermitano. A riguardo daremo i particolari nella conferenza stampa dei prossimi giorni”.