E se si andasse al voto in autunno? A due mesi e mezzo dall’inizio della guerra in Ucraina il Parlamento è sempre più diviso sull’invio delle armi e soprattutto sull’approccio da tenere verso il conflitto. Il Movimento 5 Stelle, per voce del suo presidente Giuseppe Conte, dice di non voler “più sentire parlare di armi sempre più pesanti” e chiede “una svolta per il negoziato”.
Il governo Draghi ha esaurito la sua missione. E con una maggioranza ormai divisa su tutto non si capisce perché non si possa tornare a votare
Piaccia o no ai commentatori politici e a alcuni segretari di partito il Movimento 5 Stelle è il primo partito in Parlamento. Non siamo una Repubblica parlamentare solo quando fa comodo e poi diventiamo una Repubblica sondaggiocratica quando torna utile. Le proporzioni in Parlamento sono sovrane. In Parlamento per numeri e rappresentanza svetta anche la Lega di Matteo Salvini che si dice “personalmente contrario” all’invio di nuove armi in Ucraina.
Scettici sull’invio di armi (in questo caso “di offesa”) sono anche il segretario del Pd Enrico Letta (che rifiuto un invio concepito come “strumento di offesa e di aggressione in territorio russo”) e Graziano Delrio. Sinistra Italiana e Pierluigi Bersani rientrano di diritto tra i “pacifisti” che sono bombardati dal Partito Unico Bellicista italiano. Quindi? Quindi questo Governo non ha unità di intenti e di posizioni, checché ne dica il ministro Guerini che si fa forza di due risoluzioni votate l’1 marzo a larga maggioranza. Sono passati più di due mesi, si sono modificate le posizioni. È la democrazia, bellezza.
A proposito di decreti e risoluzioni: fino a oggi il ministero della Difesa ha approvato due decreti per spedire equipaggiamenti militari all’esercito ucraino: uno il 2 marzo, l’altro il 27 aprile. Negli ambienti parlamentari si dice che il terzo sia già pronto ma la preoccupazione per uno scontro in Aula consiglia di andarci con i piedi di piombo.
L’iter però svela un dato che non è di poco conto: il Parlamento ha avuto pochissime occasioni per discutere dell’evoluzione del conflitto e del conseguente cambio del quadro geopolitico. Qualcuno (quelli ossessionati dal governo precedente) fa notare che anche il secondo Governo Conte ha fatto ampio uso di Dpcm durante la pandemia ma ci si dimentica furbescamente di un particolare: quei Dpcm avevano a monte uno stato di emergenza dichiarato e condiviso dal Parlamento e i decreti Covid passavano poi dalle Camere. Ora i Dpcm sono decreti interministeriali ma non risulta che si sia deciso uno stato di guerra condiviso dall’arco parlamentare. Tutto normale?
Fuori dal Parlamento inevitabilmente i rapporti di forza sono molto cambiati. Giorgia Meloni e FdI sono ben altro rispetto all’ultima tornata elettorale, per il M5S è molto lontano dal roboante successo delle ultime elezioni e il centrodestra (se esiste, ma loro ripetono di esistere) ha i numeri per poter governare.
Anche le idee sulla guerra degli italiani sono molto diverse dalle posizioni in Parlamento: tutti i sondaggi fatti fin qui evidenziano che la maggioranza di cittadini la pensa differentemente rispetto alla sicumera bellica della maggioranza parlamentare. È rappresentativo un Parlamento così? La soluzione è semplice.
Il governo Draghi avrebbe dovuto farci uscire dalla pandemia e mettere a terra i progetti del Pnrr. Fatto. Missione esaurita. Andare al voto sarebbe tutt’altro che impensabile e pericoloso. Qualcuno sogna Draghi per i prossimi 5 anni? Lo candidi. Ci si accorgerà che a molti partiti adesso torna comodo ma pochissimi lo candiderebbero. Vincerà il centrodestra? Funziona così, la democrazia.