Finisce la soap Sangiuliano-Boccia: Meloni dimissiona il ministro e affida il Mic a Giuli

Tra i timori di possibili nuove rivelazioni e il faro della Corte dei conti, Meloni scarica Sangiuliano e lorimpiazza con Alessandro Giuli

Finisce la soap Sangiuliano-Boccia: Meloni dimissiona il ministro e affida il Mic a Giuli

Il dead man walking Giuliano Saniuliano ha smesso di camminare. Precisamente alle 16 di ieri. Quando anche l’ultima – flebile – linea difensiva ha ceduto e l’ormai ex-ministro della Cultura ha dovuto presentare le sue “dimissioni irrevocabili”. Schiacciato dallo scandalo, dai sospetti sulla relazione con Maria Rosaria Boccia, ha dovuto salutare l’amata poltrona del Mic.  E, fedele alle ormai consuete sceneggiate napoletane, il suo addio l’ha affidato a un’epistola carica di vittimismo indirizzata alla premier.

L’epistola dell’addio alla “Cara Giorgia”

“Caro presidente, cara Giorgia, dopo aver a lungo meditato, in giornate dolorose e cariche di odio nei miei confronti da parte di un certo sistema politico mediatico, ho deciso di rassegnare in termini irrevocabili le mie dimissioni da Ministro della Cultura”, scrive Genny, “Ti ringrazio per avermi difeso con decisione, per aver già respinto la prima richiesta di dimissioni, e per l’affetto che ancora una volta mi hai testimoniato”.

E poi l’accusa a chi avrebbe tramato contro di lui: “Sono consapevole di aver toccato un nervo sensibile e di essermi attirato molte inimicizie avendo scelto di rivedere il sistema dei contributi al cinema ricercando più efficienza e meno sprechi. Questo lavoro non può essere macchiato e soprattutto fermato da questioni di gossipAndrò fino in fondo per verificare se alla vicenda abbiano concorso interessi diversi”, aggiunge, “e agirò contro chi ha pubblicato fake news in questi giorni”.

Dimissioni decise da tempo

In realtà la sua defenestrazione era decisa da tempo, troppo l’imbarazzo per Meloni per quanto uscito sino a ieri e, soprattutto, troppo timore per quanto sarebbe potuto uscire in futuro dall’archivio di Maria Rosaria Boccia. Anticipate dall’amico Alessandro Sallusti che ieri scriveva: “Le dimissioni non sono una resa”. E dall’avvocato dello stesso Sangiuliano, Silverio Sica: “Dimissioni? Direi che il ministro potrebbe recuperare la sua libertà di azione in questo momento rispetto a una bagarre politica di questo tipo tornando a essere un libero cittadino”.

Il pericolo Corte dei Conti

Impossibile aspettare ancora, visto anche che la procura regionale della Corte dei Conti ieri aveva annunciato l’avvio delle indagini sul caso Sangiuliano-Boccia per verificare eventuali violazioni sull’utilizzo di denaro pubblico e un possibile danno erariale (“la vicenda non è rimasta inosservata”, era trapelato nel pomeriggio).

Ma a Giorgia serviva un “suo” sostituto. La prima sondata era stata, dicono fonti della maggioranza, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo. Nome molto alto, che però aveva chiesto tempo per riflettere. Ma tempo, Giorgia non ne aveva più, anche perché doveva evitare un possibile rimpasto di governo, inevitabile se i tempi si fossero allungati. A ottobre infatti Meloni potrebbe vedersi costretta a sostituire anche un altro dei suoi ministri, Daniela Santanché, sulla quale pende la spada di Damocle di un doppio possibile rinvio a giudizio.

Alessandro Giuli, l’unico nome spendibile

Così l’accelerata di ieri e l’indicazione dell’unico altro nome culturalmente “spendibile” dalla destra meloniana: Alessandro Giuli. Romano, classe 1975, giornalista, una carriera nel giornale amico “Il Foglio”. Da dicembre 2022, per volontà di Sangiuliano, Giuli era stato nominato presidente del Maxxi, il museo nazionale d’arte contemporanea di Roma, sorta di risarcimento per aver perso il ballottaggio proprio con “Genny” per guidare il Mic.

Ora Giuli s’è preso la sua rivincita. Ma lo aspettano compiti ardui: guidare il G7 tra due settimane; traghettare il Mic fuori dalla palude del gossip e del sospetto, tentando di ridare un briciolo di credibilità a un dicastero trasformato da Sangiuliano in un set di una soap opera messicana; portare a termine quella battaglia contro l’egemonia culturale e l’amichettismo della sinistra. Una guerra che Sangiuliano ha perso su tutti i fronti.