di Martino Villosio
A chi troppo, a chi il nulla. E anche le Fiamme Gialle, adesso, cominciano ad essere stanche di misurare ogni mese in busta paga la distanza siderale che separa gli stipendi della base da quelli dei vertici. Come per carabinieri e poliziotti, anche per i finanzieri (stipendio base sui 1.300 euro) le retribuzioni e gli aumenti legati alle promozioni sono al palo dal 2010, lo rimarranno con ogni probabilità anche per il 2014 e per la tornata contrattuale 2013 – 2015: e la frustrazione monta, mirando dritta al governo in carica. Lo dimostra un documento che circola da due settimane all’interno del Corpo, diffuso dalla sezione Cocer della Gdf, i cui toni sono espliciti: “siamo disponibili a fare la nostra parte per il risanamento dei conti”, scrivono i delegati, “ma non siamo più disponibili ad accettare provvedimenti iniqui e connotati da evidenti profili di incostituzionalità”.
Arrabbiati e demotivati
I militari ce l’hanno con l’art. 9 del decreto legge 78/2010, che ha congelato il trattamento economico dei pubblici impiegati, azzerando tra le altre cose gli effetti economici di ogni tipo di promozione e neutralizzando gli aumenti agganciati all’anzianità. Nel comparto sicurezza e difesa, connotato da un’estrema gerarchizzazione e da dinamiche salariali fortemente legate agli avanzamenti di grado, i tagli hanno inciso particolarmente. Non solo sul portafoglio, ma anche sul “morale delle truppe”. Ogni Tenente Colonnello promosso a Colonnello per fare un esempio, pur assumendo nuove e più importanti responsabilità e dovendo subire anche un trasferimento di sede, oggi mantiene lo stesso livello di retribuzione di prima. Lo stesso dicasi per i gradi inferiori, fino all’Appuntato che diventa Appuntato Scelto senza notare la minima differenza in busta paga. “Mentre i generali”, fa notare Luca Comellini, segretario del Partito per la Tutela dei Diritti di Militari e Forze di Polizia, “non essendo contrattualizzati, sono interessati solo marginalmente dal blocco delle retribuzioni”. Si tratta di un fondo, accantonato per finanziare l’atteso provvedimento sul riordino delle carriere, usato negli anni scorsi per compensare parzialmente l’effetto dei blocchi stipendiali. E dopo aver coperto solo per il 16 per cento i tagli nel comparto per il 2013, nel 2014 sembra destinato a sparire del tutto. La situazione complessiva, come scrivono i delegati Cocer della Gdf, impatta “in maniera devastante” sulla motivazione del personale e sulla funzionalità nel comparto.
Il ricorso alla Consulta
Per i finanzieri il decreto varato dall’allora governo Berlusconi (mai alleggerito da Monti nonostante varie richieste da parte delle rappresentanze di base dei militari) contiene vari profili di incostituzionalità. Come fanno notare nella loro comunicazione interna le Fiamme Gialle, gli effetti del provvedimento sugli stipendi dei magistrati sono stati spazzati via dai giudici della Corte Costituzionale con la sentenza numero 223 del 2012.
Con tanto di restituzione integrale delle somme non riscosse per colpa dei blocchi introdotti nel 2010. All’inizio di novembre la Consulta dovrà esprimersi su una lunga serie di ricorsi presentati da altre categorie di lavoratori pubblici. Militari e poliziotti attendono la cancellazione totale dell’articolo 9 del decreto legge e una decisione analoga a quello riservato ai magistrati da parte dei giudici costituzionali.
Strozzati dall’Imu
Il personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia che viene mandato a prestare servizio presso una sede diversa da quella di residenza, si trova obbligato a pagare l’imposta relativa alla propria unica abitazione di proprietà come se fosse una seconda casa. In mancanza di adeguate politiche alloggiative, servirebbe una deroga. Anche in questo caso, però, la crisi delle finanze pubbliche ha finora impedito qualunque intervento indirizzato ad alleviare le difficoltà economiche e logistiche dei servitori dello Stato. Non ci sono i soldi, è la risposta che strozza sul nascere qualunque rivendicazione. Non per tutti, almeno.