Le battaglie politiche fatte sulla pelle dei più deboli, come i bambini, proprio non ci piacciono. La decisione del Governo – attraverso la Prefettura di Milano – di sospendere il riconoscimento dei figli delle coppie omosessuali che trovavano inclusione e rispetto dei diritti nella città di Beppe Sala ha un prezzo molto alto, che sarà scontato da quelle famiglie arcobaleno che dovranno scompaginare i propri piani di vita pur di proteggere quel figlio a cui intendono garantire amore.
Le battaglie politiche fatte sulla pelle dei più deboli, come i bambini, proprio non ci piacciono. Il caso di Milano ripropone la fragilità di molti diritti
Già il fatto che, come accade per le specie protette (vedi i panda), debbano esserci delle oasi per chi vuol essere a riparo da discriminazioni è una realtà non degna di un paese che vuole definirsi civile, ma l’idea che queste realtà siano cancellate a colpi di circolari è cosa ancor più grave.
Nessuno vuole gettare ombre sull’operato di Sala che si è contraddistinto per una marcata identità progressista (dalle politiche Green ai diritti civili) ma la rivendicazione proprietaria di una battaglia lascia sempre pensare a un suo uso strumentale in chiave di consenso. Ripete come un mantra in queste ore: “questa sarà la MIA battaglia”. Le parole hanno un valore sostanziale e non sono certamente un irrilevante orpello, sarebbe dunque importante – specie nella fase in cui al governo c’è un compatto blocco di Centrodestra che sembra voler cancellare faticose conquiste in anni di lotta per i diritti civili – che le battaglie fossero “nostre”, comunitarie, italiane.
Sfide come quella lanciata dalla virtuosa Milano devono essere raccolte da tutte le forze di opposizione compattamente, lontano dai distinguo partitici. In fondo, il posizionamento che abbiamo in questa battaglia racconta a noi e a gli altri che paese intendiamo essere e il ruolo – anche nel contesto europeo – che intendiamo giocare.
Del resto, proprio ieri la commissione Politiche europee del Senato ha bocciato la proposta di regolamento europeo per il riconoscimento dei diritti dei figli anche di coppie gay e l’adozione di un certificato europeo di filiazione.
La risoluzione della maggioranza – contraria alla proposta di regolamento e presentata dal relatore, il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, di FdI – è passata con 11 voti favorevoli e 7 contrari. La vicenda – stando agli annunci – potrebbe essere smontata da una risoluzione firmata dal Movimento Cinque Stelle che dovrebbe incontrare il favore del Pd e di AVS (che a loro volta preparano un testo) e che hanno espresso parere positivo sul certificato, poiché consentirebbe di superare il “limbo normativo” per molti bambini figli di coppie arcobaleno.
“Con una circolare il governo annulla il riconoscimento dei figli nati dalle coppie gay. Per la Meloni ed i suoi prefetti questi bambini sono solo figli di serie b”, ha detto l’eurodeputata del Pd Alessandra Moretti. Mentre per la vicepresidente del gruppo M5S al Senato e coordinatrice del Comitato Politiche di Genere e Diritti Civili dei 5S, Alessandra Maiorino, “hanno ragione le Famiglie Arcobaleno a denunciare una discriminazione intollerabile. Il sindaco Sala invoca una legge ad hoc, sappia che noi l’abbiamo l’abbiamo presentata fin dalla scorsa legislatura e auspichiamo che tutte le opposizioni facciano fronte comune per riconoscere anche in Italia il matrimonio egualitario è il riconoscimento e l’adozione dei figli alle coppie lgbt e monogenitoriali”. Ecco, l’unità che fa capolini.
D’altra parte il problema non è semplice. Facciamo un esempio concreto: due uomini spagnoli con un un figlio, registrato in Spagna come figlio di entrambi, si trovano nel nostro paese e il piccolo necessita di cure ospedaliere. Uno dei due genitori non potrebbe assistere il bambino entrando in ospedale (in assenza del riconoscimento dello status di figlio) perché risulterebbe non avere alcun legame di parentela con il minore. Il certificato europeo consentirebbe di superare questo problema, senza prevedere una trascrizione della genitorialità nei nostri registri, in quanto costituirebbe una sorta di carta di identità del bambino che ne tuteli i diritti ovunque egli si trovi.
Su questa norma di civiltà nel supremo interesse dei bambini saremo probabilmente allineati a Polonia e Ungheria, dove il rispetto dei diritti non sembra essere di casa, e la cosa basterà a bloccare l’iter che prevede unanimità. Ma anziché arrenderci, questa deve essere l’occasione per lottare con ancor più efficacia in una NOSTRA battaglia.