Che la Giustizia penale italiana sia tutt’altro che celere, è noto a tutti. Quello che nessuno avrebbe immaginato è l’entità del problema che, stando all’ultimo report di Eurispes in collaborazione con l’Unione Camere Penali (qui il focus), ha i contorni del film horror. Già perché dall’indagine che ha preso in esame 32 Tribunali ed ha monitorato 13.755 processi, è emerso che in primo grado, solo un quinto (20,7%) dei procedimenti arriva a sentenza.
DATI SHOCK. “Nel 78,7% dei casi, il procedimento termina con il rinvio ad altra udienza” e “la durata media del rinvio si attesta intorno ai 5 mesi per i procedimenti in Aula monocratica e 4 mesi per quelli collegiali”. Rispetto al 2008, aumenta “la percentuale dei rinvii ad altra udienza (+9,4%: nel 2008 la quota era del 69,3%)” mentre “l’incidenza delle sentenze è scesa dal 29,5% al 20,7%”. Guardando ai soli procedimenti terminati in sentenza, “le assoluzioni rappresentano poco meno del 30%: di questi, il 3,7% è rappresentato da assoluzioni“ per particolare tenuità del fatto mentre “le condanne incidono per il 40,4% delle sentenze”.
Un dato, questo, che viene sottolineato come particolarmente emblematico perché nettamente più basso del 2008 quando le condanne incidevano per il 60,6% sul totale. Al contrario, risulta molto più elevata la quota relativa “all’estinzione del reato: 24,5%, a fronte del 14,9% del 2008”. Sempre secondo la ricerca, “la prescrizione è un motivo di estinzione del reato che incide per il 10% sui procedimenti arrivati a sentenza e rappresenta poco più del 2% del totale dei processi monitorati”.
Per quanto riguarda i rinvio ad altra udienza, la ricerca rileva che, ad eccezione dei motivi fisiologici, nell’8,3% dei casi dipendono dall’assenza dei testi citati dal pm, nel 6,2% dall’omessa o irregolare notifica all’imputato, nel 3,3% dall’assenza del Giudice titolare. Si tratta di dati che dimostrano come “l’inconcludenza della larga parte dei procedimenti penali” è dovuta a “lungaggini ed inefficienze” e che “le disfunzioni del dibattimento, ed in particolare la sua abnorme durata, sono in primo luogo conseguenza del dissesto degli apparati giudiziari e della disorganica gestione degli stessi”.
Per questo il Presidente dell’Unione delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, ritiene che “non è serio affrontare i temi del processo per slogan o per pregiudizi ideologici” perché “questa ricerca fotografa le vere cause della durata irragionevole dei processi penali in Italia; che non risiedono nelle regole di garanzia del giusto processo e del diritto di difesa, ma in gravissime carenze strutturali della macchina amministrativa”.