Bene, ma non benissimo. Così si potrebbe sintetizzare lo stato dell’arte della scuola italiana a due anni dallo scoppio della pandemia. Se è vero che il ministro Bianchi non ha mai “messo in discussione il principio per cui le scuole devono rimanere aperte” (leggi l’articolo), è altrettanto vero che al momento troppe cose non funzionano, come spiega chiaramente il deputato M5S Gianluca Vacca.
Onorevole, partiamo da principio però. Sono passati due anni di pandemia e l’istituzione che pare soffrire maggiormente è la scuola. Perché?
Le ragioni sono tante. Si parte dal fatto che tra i giovanissimi la campagna vaccinale è iniziata più tardi. C’è voluto molto tempo a far comprendere l’importanza della didattica in presenza, dall’inizio della pandemia abbiamo avuto fasi in cui gli enti locali procedevano autonomamente alle chiusure. La scuola poi è un luogo in cui emergono maggiormente i contagi avvenuti all’esterno e sui mezzi di trasporto, in cui si riversano difficoltà di gestione generale dell’emergenza. Tanti problemi infine dipendono dal fatto che la scuola ha antiche criticità, come la carenza di docenti o le aule sovraffollate: su questo devo dire che dei buoni passi in avanti sono stati compiuti durante il Conte II, e si deve proseguire su quella strada.
È soddisfatto dell’operato del ministro Bianchi fino a questo momento?
Sono molto soddisfatto che non abbia mai messo in discussione il principio per cui le scuole devono rimanere aperte il più possibile e che lo abbia perseguito con convinzione, anche contrapponendosi alle Regioni che avrebbero voluto ricorrere subito alla Dad. Ma i problemi ci sono e non si possono negare.
Cosa non funziona al momento?
Il tracciamento attraverso le Asl è praticamente saltato, il personale scolastico è in affanno e le regole per la gestione delle quarantene sono troppo complicate, rendono difficile l’organizzazione della didattica e creano disagi alle famiglie. La differenziazione di trattamento per studenti vaccinati e non finisce per complicare ancora di più le procedure: questa previsione andrebbe rivista e sicuramente non è da estendere anche alla scuola primaria. Stiamo chiedendo una semplificazione dei protocolli: si può fare di più e meglio per scongiurare la Dad.
Non è però surreale che non ci siano dati ufficiali? Quelli dati dal ministro sono in contrasto con quelli dei presidi…
Dal mio punto di vista i dati forniti da un ministro della Repubblica non possono non essere considerati ufficiali, essendo i dati forniti dalle stesse scuole, come ha affermato Bianchi.
C’è un evidente problema anche di risorse. Si era detto che le scuole avrebbero distribuito mascherine Ffp2…
Ci sono stati dei ritardi, è vero. La buona notizia, a quanto apprendiamo, è che il Consiglio dei ministri ha stanziato 45 milioni per fornire le scuole di Ffp2 da farmacie e altri rivenditori autorizzati.
A far discutere anche gli isolamenti ritenuti eccessivi. Come se ne esce?
Semplificando i protocolli per la gestione delle quarantene. Ridurre i giorni di isolamento è tra le nostre richieste principali, anche perché non ha senso che gli studenti debbano stare a casa 10 giorni mentre gli adulti fuori dal mondo della scuola no. Se a questo aggiungiamo che spesso i giorni diventano anche più di 10 per via delle attese dei tamponi, i disagi per studenti e genitori possono diventare insostenibili. Ridurre la quarantena sarebbe la scelta più giusta, insieme a prevedere solo tamponi veramente necessari e per i sintomatici e a dare la possibilità anche agli alunni della primaria di eseguirli in farmacie.