di Fausto Tranquilli
Bilanci in attivo, situazioni da profondo rosso ormai nel dimenticatoio, ma ancora troppe incognite sul futuro delle ferrovie italiane. Troppe e troppo pericolose. Se il presente appare abbastanza roseo, è proprio quel che accadrà nel medio e lungo termine sulle strade ferrate a impensierire i magistrati. Dubbi che emergono dalle relazioni presentate alle Camere dalla Corte dei Conti, sia sulla gestione 2012 della holding del gruppo, Ferrovie dello Stato Italiane spa, che su quella 2011 e 2012 della controllata Reti Ferroviarie Italiane spa, che si occupa della gestione delle infrastrutture. Quando il debito è enorme e le operazioni finanziarie con i derivati rappresentano una bomba pronta a esplodere da un momento all’altro non sono infatti i conti a posto nell’immediato a far abbassare la guardia.
La solita voragine
Sono fortunatamente passati gli anni in cui Ferrovie chiudeva i bilanci con perdite miliardarie. Il bilancio consolidato del gruppo, come sottolinea la stessa Corte dei Conti, nel 2012 ha registrato un risultato netto pari a 381 milioni di euro, in crescita di 96 milioni negli ultimi dodici mesi, un aumento del 33%. Ancora troppi, però, sono i debiti e quel buco pesa sul futuro della spa. Il livello di indebitamento ha infatti toccato quota 6,3 miliardi e i giudici lo inseriscono tra le criticità riscontrate e segnalate ai presidenti della Camera e del Senato. Bacchettate poi dai magistrati anche sui mancati solleciti per il pagamento di crediti da parte dello Stato, che determina un rischio di “mancato rispetto dell’impegno contrattuale”. Nel risultato positivo pesa poi la cura dimagrante che l’azienda presieduta da Lamberto Cardia, ex presidente della Consob che ha in Ferrovie uno stipendio da 300 mila euro annui, e con amministratore delegato Mauro Moretti, ha fatto fare al personale, diminuito in un anno di 1.798 unità, con relativi risparmi sul costo del lavoro. Un dato che incide appunto sugli 8,3 miliardi di ricavi operativi e sulla riduzione di 233 milioni di costi.
Pendolari in bilico
A pagare il prezzo più alto nei problemi che affrontano le Ferrovie sono sempre i pendolari. Un inferno molti treni utilizzati per il trasporto locale e proprio su tale fronte mostrano preoccupazione i giudici contabili. “Il settore del trasporto pubblico locale ferroviario in Italia – specificano nella relazione – continua ad essere caratterizzato da incertezze di risorse e regole”. Un settore su cui, tra l’altro, incombe la scure di Carlo Cottarelli, il commissario incaricato della spending review, pronto a tagliare a FI spa 2,2 milioni di euro. Situazione resa più difficile da una riduzione di 247 milioni dei ricavi del servizio trasporti passeggeri e merci. Bene dunque dal punto di vista industriale, ma la spa, per la stessa Corte dei Conti, deve “individuare strumenti adeguati per rafforzare le sue strutture patrimoniali”.
Finanza rischiosa
Timori per il futuro anche per quanto riguarda la controllata Rfi, che ha ricevuto risorse dallo Stato e dall’Europa per 75,7 miliardi, ridotto il personale di oltre mille unità e investito 940 milioni in grandi progetti infrastrutturali, tagliando drasticamente quelli su ricerca e sviluppo, e aumentando del 12% l’indebitamento finanziario. E proprio il ricorso alla finanza crea maggiori apprensioni ai giudici. La chiusura anticipata di alcuni contratti derivati ha comportato alla spa spese per 193,4 milioni, senza considerare che i derivati a cui ha fatto ricorso il gruppo, alla fine del 2012, hanno presentato un risultato negativo per 498 milioni. Grane infine dai molti contenziosi e arbitrati milionari che l’azienda ha ereditato fondendosi con la Tav. Le perdite potenziali sono enormi e gli accantonamenti mancano. Un quadro criticato dai giudici, per i quali tale situazione potrebbe “ostacolare il normale andamento gestionale”.