La premier Meloni parla del Superbonus come della “più grande truffa” ai danni dello Stato. Emiliano Fenu, capogruppo in commissione Finanze alla Camera del Movimento Cinque Stelle, su cosa si basano le parole della presidente del Consiglio e cosa dicono davvero i dati sulle truffe relative ai bonus edilizi?
“La Guardia di finanza in audizione in commissione Finanze ha detto che le truffe sono state lo 0,5% del totale dei crediti legati al Superbonus, un dato che paragonato a qualsiasi agevolazione significa praticamente nulla. Meloni sta cercando di distrarre l’opinione pubblica dalle enormi difficoltà che sta riscontrando nella gestione del Paese. Il Superbonus non c’è più, l’ha fermato il suo governo a marzo, è inutile che ne parli, la verità è che sta per arrivare la manovra e mancano i soldi. La Ragioneria ha già fatto capire che mancano all’appello 20 miliardi. Minori entrate dovute alla minore crescita. Adesso scopriranno che se passi un anno a tagliare tutte le misure di crescita, tra cui per esempio il Superbonus o la Transizione 4.0, e a tagliare le misure di sostegno alla povertà, come il Reddito di cittadinanza che è anche un sostegno ai consumi e ricordo che Confesercenti parla già di 1 miliardo di minori consumi riferendosi soprattutto al commercio di prossimità, alla fine anche lo Stato non incassa più niente. Si va in recessione e si riducono le entrate dello Stato. Con il Superbonus nel 2022 lo Stato ha incassato 45 miliardi in più di sole imposte. Ora è stato tagliato e le entrate non ci sono più, questa è la verità”.
Meloni sta mettendo le mani avanti per giustificare che non manterrà le promesse con la legge di Bilancio?
“Probabilmente è così. Ogni volta tira in ballo il Superbonus quando non sa cosa rispondere. Anche quando chiedemmo cosa voleva fare contro l’aumento delle rate dei mutui, rispose così. Se hanno altri numeri li tirino fuori, altrimenti stanno mentendo, perché i numeri ufficiali ci dicono una cosa diversa, perché gran parte della misura finora è stata coperta dalle risorse del Pnrr. Si occupino di rilanciare l’economia e cerchino di non mettere le mani avanti per quella che, già sappiamo, sarà una manovra di austerità. Colei che più attaccava l’Europa e i governi tecnici in campagna elettorale, alla fine è la presidente del governo più austero degli ultimi anni, e il ministro Giorgetti già parla di sacrifici”.
Quanto c’è di vero in ciò che afferma Giorgetti quando sostiene che il Superbonus costa ancora oggi 3,5 miliardi al mese?
“Ma che ragionamento è? Bisogna sempre considerare cosa innescano le risorse investite, bisogna uscire dalla forma mentis secondo la quale ogni investimento è una spesa. Purtroppo il modo di ragionare di Giorgetti è fermo al turboliberismo anni ’80, con potere salvifico del mercato, tagli alla spesa sociale, e svalutazione del lavoro”.
C’è, a suo avviso, il rischio di un ulteriore taglio da parte del governo al Superbonus e ad altri bonus edilizi per il prossimo anno?
“In realtà non c’è più niente da tagliare, nel senso che i bonus edilizi sono diventati tutti come prima, il contribuente dovrà anticipare i soldi per i lavori e poi detrarre fiscalmente quelle spese. Mi auguro non cancellino completamente i bonus edilizi, perché altrimenti si fermerebbe davvero tutto. Sarà impossibile rispettare la direttiva case green, ma soprattutto si abbandonerebbe qualsiasi programma di efficientamento energetico, valorizzazione degli edifici e risparmio sulle bollette per gli italiani”.
Dopo il Consiglio dei ministri di ieri è inevitabile parlare, già da ora, di una manovra di sacrifici e austerità: cosa succederà alla fine e cosa sarà costretto a tagliare il governo?
“Il governo ha già iniziato a definanziare tutte le principali misure di crescita come Transazione 4.0. Così come ha tagliato le spese per la sanità, con il nostro sistema già al collasso. Il ministro della Salute, per evitare il tracollo definitivo, ha chiesto almeno 4 miliardi che probabilmente non avrà. Il settore più delicato e che più rischia un taglio è proprio la sanità. Con il Governo Conte II il M5S era riuscito a spingere la spesa sanitaria in rapporto al Pil oltre il 7% nel 2020 e nel 2021, mentre adesso Meloni e Giorgetti hanno già programmato di ridiminuirla al 6,2%. Sono a tal punto disperati e incapaci che, invece di rilanciare la crescita, sono tornati a proporre le privatizzazioni: vendere i gioielli di famiglia, il patrimonio pubblico, come i porti. Significherebbe svendere per pochi spiccioli infrastrutture strategiche. E questi sarebbero i patrioti. Hanno dilapidato il patrimonio di crescita lasciato in eredità dalle coraggiose politiche espansive del Governo Conte II e ci stanno portando dritti in zona stagnazione/recessione. E ora che non ci sono più i soldi per finanziare le misure di sostegno alla crescita e di aiuto alle classi in difficoltà pensano di vendersi i porti”.