Barracuda. Felicia Impastato contro Gomorra 2

La sfida televisiva tra Felicia Impastato, madre di Peppino, e la serie Gomorra 2, che racconta la criminalità di oggi. La rubrica di Francesca Barra

Coraggiosa la seconda serie di Gomorra a sfidare la nostra cultura, gli schemi narrativi a cui eravamo abituati. Perché questo è il Paese che ha ancora bisogno di eroi. La nostra storia ha troppe ferite aperte per accettare una storia in cui è totalmente assente l’eterno scontro fra il bene e il male, il trionfo della speranza sulla paura. In cui non ci sono margini per la salvezza.

In cui manca la presenza di un eroe buono, un cedimento emotivo. I buoni, chi vacilla, invece viene reciso. Senza pietà.

E forse è per questo che abbiamo bisogno di Felicia Impastato. Mentre su Sky si spinge l’acceleratore, in Rai si ferma il tempo. Si torna indietro. Si allena la memoria con la rappresentazione di una piccola, minuscola immensa donna. La mamma di Peppino Impastato. Si racconta la sua lotta alla ricerca della verità. Il suo coraggio e la sua determinazione di madre ferita che ha scelto da che parte fosse giusto stare e per cosa valesse la pena combattere.

E se è vero che la mafia non si combatte con le sole armi, ma con la cultura, è anche vero che non possiamo sempre rintracciare e pretendere in un film, in un libro, in una produzione televisiva, l’aspetto educativo. La moralizzazione del pubblico non può essere affidato all’evasione, all’intrattenimento. Diventerebbe solo retorica.

Sia chiaro: a noi Gomorra piace. Ne siamo attratti perché il male seduce. Non smetteremo di guardarlo. A noi piacciono gli attori, rimpiangiamo Imma Savastano più delle vittime, riconosciamo la perfezione della promozione e la qualità della serie finalmente non ci fa sentire figli di serie B, ma concorrenziali con le grandi serie internazionali.

Dovresti odiarli i protagonisti, invece alla fine delle prime due puntate ti mancano. Allora c’è qualcosa che non va.

Quando pensavamo che fosse “beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”, non immaginavamo un Paese dove il male fosse in maggioranza. Ma dove il margine di speranza e di bellezza fosse più ampio e avvolgente di tutto il resto.

Per questo io ho ancora bisogno di una, dieci, mille Felicia.