In radio e anche in tv il motto è sempre “Take it easy”. Il loro format, già col titolo, invita a prendere la vita con leggerezza. I due speaker – Giancarlo Cattaneo e Tamara Donà – avranno sentito il peso della responsabilità di essere il primo programma di Radio Monte Carlo trasmesso anche in tv ma, con il loro consueto buonumore, hanno vissuto allegramente anche questa nuova avventura.
Tamara, quanto della tua esperienza di attrice/conduttrice televisiva ti è tornato utile per la carriera in radio?
T. D. “Credo che tutto il mio percorso formativo, scuola di recitazione, dizione e gli spettacoli di teatro stesso, siano serviti a formare la donna che sono oggi. Ho iniziato a sentire la spinta di esprimermi da molto giovane e, come tanti adolescenti della mia età, avevo iniziato a tenere un diario. Quella forma di scrittura intima e diretta mi faceva bene ma poi non bastava più ed ero passata alla formula canzone, scrivevo testi da musicare. Più crescevo più mi rendevo conto che avevo bisogno di condividere il mio mondo interiore con quello esteriore e ogni forma di comunicazione poteva andare bene. La musica mi ha aiutato moltissimo a esprimermi, ho studiato canto e cantato in un gruppo ai matrimoni nella mia zona del Varesotto. La scuola di teatro a Milano poi ha fatto un po’ da spartiacque, lì ho studiato varie forme di comunicazione (compresa la danza in cui ero negata) e pian piano ho trovato un mio modo di esprimermi. Ma più dei corsi, delle lezioni e dei vari seminari, sono la voglia di raccontare e la curiosità a dare più valore al mio lavoro in radio. Tutto il mio percorso di formazione si fonde con la donna che sono oggi, plasmata dalla vita e dal mezzo attraverso il quale mi esprimo che mi rappresenta appieno: la Radio”.
In un’intervista hai dichiarato che il tuo amore per la Radio è scoppiato leggendo un libro, è vero?
T. D. “Sì, un libro che mia madre mi regalò diversi anni fa e che mi ha cambiato la vita. Ero in ospedale con una gamba rotta, un concerto degli Oasis saltato e tanta arrabbiatura. Avevo attraversato sulle strisce pedonali senza guardare e un taxi mi aveva investita. All’epoca lavoravo in tv su Italia Uno e quelle assenze avrebbero potuto costituire un problema ma mi sono dovuta mettere l’animo in pace e curare il mio corpo spezzato. Mia mamma un giorno mi viene a trovare e mi regala “La radio… che storia”, libro che leggo tutto d’un fiato. Quando le chiedo perché, lei mi risponde che l’aveva visto al supermercato e pensava potesse essere interessante. In quel libro il protagonista Francesco Perilli (speaker, giornalista e direttore della prima R101) raccontava la sua esperienza e il suo amore per la radio. Quel libro mi colpì moltissimo e, da utente, sono passata a voler diventare una professionista della radio, un amore infinito con il mezzo di comunicazione più bello che c’è!”.
Giancarlo hai fatto molto gavetta cominciando nelle radio locali. Quali doti ritieni ti abbiano fatto emergere e quali “palestre” vedi per chi volesse cominciare oggi che le radio locali non sono più cosi numerose?
G. C. “Credo che la conoscenza delle lingue straniere, della musica, della metrica, l’essere prima stato un dj e comprendere gli umori di una “pista da ballo”, tutto questo, unito a una spiccata e costante curiosità, mi abbia permesso di intraprendere questo percorso; il tutto unito a una buona dose di fortuna, all’empatia e alla perseveranza. Ho cercato di fare il “grande salto” e mi è andata bene. Ho, inoltre, avuto ottimi maestri nelle radio locali: fonici, registi e conduttori ai quali ispirarmi. Proprio le radio locali hanno rappresentato un’ottima palestra in cui ho cercato di migliorarmi; oggi esistono molte web-radio ma è pur vero che alcuni parametri fondamentali 30 o più anni fa (la voce gradevole, la conoscenza della dizione e una buona cultura musicale) non sono necessariamente più richiesti. La radio evolve come la lingua; è necessario stare al passo coi tempi, non restare schiavi della propria voce e comprendere i propri obiettivi, la propria strada per comunicare, rispettando un obiettivo: far stare bene chi sceglie di ascoltare. Ho imparato che è fondamentale bussare alla porta e cercare di mettersi in luce e, nel contempo, che se non hai nulla da dire metti musica che non sbagli mai”.
La radio spesso è intrattenimento leggero ma può essere anche una compagnia più impegnativa come nel caso di “Parole Note” in cui, anche in teatro, si miscelano diverse forme d’arte.
G. C. “Un privilegio per me aver intercettato quel progetto dell’amico Maurizio Rossato e aver avuto la possibilità di farne parte. Un linguaggio nuovo che si basa proprio sulle tecniche radiofoniche e che cerca di diffondere bellezza, prosa e poesia unendo il cinema alla musica elettronica, arrivando anche ai più giovani. Non lo definirei “impegnato” anche perché la cultura talvolta spaventa; è un percorso di vita che si sviluppa la lettura di testi ma in chiave decisamente Pop. Un esperimento nato per gioco che mi ha dato tantissime soddisfazioni e che ha dimostrato ancora una volta che la passione muove tutto e che il lavoro fatto con dedizione e professionalità può portare a ottimi risultati”.