Sepolta l’ascia di guerra, almeno per quel lasso di tempo che servirà a formalizzare le candidature condivise dal centrodestra nelle città al voto in autunno. Come primo effetto di questa ritrovata armonia, il “ripensamento” di Gabriele Albertini, che formalmente ha chiesto 24 ore per pensare all’ipotesi di scendere in campo a Milano ma in realtà non aspettava altro che la benedizione formale e, come ha affermato ieri in un intervista rilasciata al Corriere, già prima che nel vertice di coalizione di coalizione di mercoledì scorso arrivasse il via libera di FdI, l’ex sindaco del capoluogo lombardo era già a conoscenza del fatto che il veto sul suo nome aveva buone probabilità di cadere.
“Devo dire che ero già a conoscenza della decisione di FdI perché surrettiziamente La Russa, Santanché e Fidanza si erano fatti vivi spiegandomi che non dovevo equivocare, che FdI non ce l’aveva con me, ma era una questione di dialettica tra i partiti del centrodestra”. Quella che Albertini chiama con elegantemente “questione di dialettica” è in realtà un vero e proprio scontro politico senza esclusione di colpi tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni che si contendono la leadership del centrodestra, con quest’ultima molto avanti nei sondaggi sul gradimento personale rispetto al capitano e con FdI pericolosamente sempre più vicina alla Lega: ormai ad ogni rilevazione demoscopica la forbice dei punti che dividono i due partiti si assottiglia sempre più. E poi c’è lo spinosissimo affaire Copasir, dove alla poltrona della presidenza siede incollato il leghista Raffaele Volpi nonostante le giuste rivendicazioni di FdI, a cui l’incarico spetta per legge.
Non a caso anche ieri la Meloni è tornata sull’argomento: “In Italia le leggi cambiano a seconda di chi deve interpretarle e a favore di chi, io penso che quanto sta accadendo è spaventoso, non solo per il fatto che a FdI non venga riconosciuto ciò che gli spetta, ma per il silenzio, intorno alla violazione di una norma, da parte delle cariche istituzionali, trovo incredibile il comportamento dei presidenti di Senato e Camera”. E ancora: “Penso che anche il capo dello Stato, pur essendo materia parlamentare, possa utilizzare la sua moral suasion e credo che anche il premier, mentre nominava i nuovi vertici dei servizi, sapendo che la legge dice che ‘nomina i vertici dell’Intelligence, sentito il presidente del Copasir’, avrebbe potuto anche lui utilizzare la sua di moral suasion, spero che l’abbia fatto”, conclude la leader dell’opposizione.
Insomma non ci va giù leggerissima, anche perché forse si aspettava che dopo il via libera ai candidati graditi a Salvini per Milano e Roma (Guido Bertolaso continua fermamente a declinare l’invito, ma in ogni caso da FdI nessun veto) si potesse sbloccare anche la questione della presidenza del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Invece al momento non è così e oltretutto l’atteggiamento del leader della Lega è sempre il solito, cioè si intesta il merito dell’unità del centrodestra: “Bertolaso e Albertini? Dipende da loro, io ho portato in dote l’adesione di tutto il centrodestra, unito compatto e vincente, poi ci sono ragionamenti personali, di famiglia, se loro per motivi personali non se la sentissero daranno sicuramente una mano, ma sceglieremmo donne e uomini altrettanto all’altezza”, ha dichiarato ieri. Chissà al tavolo di coalizione, convocato al momento per mercoledì prossimo, attorno al quale stavolta saranno presenti i tre leader e non i loro delegati oltre al nodo delle candidature si scioglierà anche quello del Copasir.