Fassina: “È ora di tassare gli extra-profitti. Il governo si dia una mossa”

Parla l'economista Stefano Fassina: Francoforte ci spinge verso la recessione. "Ma le destre si limitano a commenti addolorati".

Fassina: “È ora di tassare gli extra-profitti. Il governo si dia una mossa”

Stefano Fassina, economista ed ex viceministro dell’Economia del governo Letta, oggi presidente dell’associazione Patria e Costituzione, la decisione della Bce di aumentare di nuovo il costo del denaro è giusta o sbagliata? Quali possono essere le conseguenze?
“Sarebbe utile, innanzitutto, ricordare che siamo in un’economia di guerra, di per sé fattore di incertezza, scoraggiamento degli investimenti, innalzamento delle spese per le armi e per l’assistenza all’Ucraina e aumenti dei costi delle materie prime. Poi, dovremmo ricominciare a valutare la politica economica in riferimento ai diversi interessi in gioco. Per chi vive di reddito da lavoro e non ha potere di mercato l’inflazione è un male, ma perdere il lavoro è peggio. Da Francoforte, subito dopo il 24 febbraio 2022, hanno annunciato di voler combattere l’inflazione, di origine esterna, attraverso la recessione. Si sarebbero potute fare scelte diverse. Innanzitutto nella regolazione dei mercati dell’energia, nell’Unione europea e in ambito nazionale, come in Spagna. Si possono fare ancora scelte diverse: mediante interventi sulle fonti interne della crescita dei prezzi, ossia sui profitti abnormi di alcuni comparti produttivi. Ma il dramma degli ultimi due decenni almeno è che il punto di vista del lavoro è assente dalla discussione e dalle scelte di politica economica”.

Vede lo zampino della Germania dietro queste scelte?
“Purtroppo, è molto peggio. C’è lo statuto della Bce che ha come unico obiettivo la dinamica dei prezzi sotto il 2%. Completamente assente il riferimento al tasso di occupazione, incluso invece nello statuto di altre Banche centrali, ad esempio la Federal Reserve. Sull’impianto ultraliberista dei Trattati europei, le cito le amare conclusioni di un banchiere centrale, presidente di Confindustria, ministro del Tesoro, liberale, Guido Carli: ‘è difficile accettare con animo leggero il fatto che l’obiettivo della stabilità dei prezzi sia indicato senza alcun riferimento al livello di occupazione e, dunque, al benessere delle comunità che si sono date questa nuova Costituzione monetaria’. è deprimente dover ancora una volta constatare il conformismo culturale della sinistra ufficiale. La moneta è variabile politica primaria. Viene invece considerata questione tecnica. La destra fa una critica sacrosanta. Poi, a sinistra, si stupiscono quando si accorgono che gli operai non la votano più”.

Christine Lagarde come le altre banche centrali iniziano a parlare di margini di profitto delle imprese in modo deciso. Ma da dove arriva secondo lei la dinamica inflazionistica?
“In un recente intervento, Fedele De Novellis di Ref ha quantificato per l’eurozona, nel 2022, in 2,7 punti percentuali il contributo dei profitti all’impennata dei prezzi. Nel suo lavoro, ha identificato anche i settori ‘colpevoli’: dall’industria estrattiva all’energia. Siamo in un quadro mortificante per la giustizia sociale. Lavoratori e lavoratrici, senza oramai gli strumenti per difendersi, a cominciare dallo sciopero, sono ‘cornuti e mazziati’: perdono potere d’acquisto e rinunciano a recuperarlo nel timore di bastonate ancora più forti da Francoforte. I profitti aumentano, alimentano l’inflazione e fanno reagire meccanicamente la Banca centrale. La disuguaglianza e la svalutazione del lavoro peggiora. La sinistra si accontenta di inseguire il salario minimo”.

È giusto pensare di introdurre una tassa sugli extra profitti? Cosa dovrebbe fare il governo per compensare questi rialzi?
“Si, è giusto e necessario. Si dovrebbe ricorrere ad un indicatore più sofisticato di quello a suo tempo introdotto dal Governo Draghi che, per rozzezza, è sembrato fatto apposta per essere impugnato e disapplicato. Si potrebbe far riferimento ai profitti unitari, con una correzione per gli ammortamenti. Inoltre, la stretta monetaria, oltre che attraverso i tassi di interesse, si compie con l’accelerazione della fine del riacquisto dei titoli di debito pubblico in scadenza. Così, l’effetto sulla spesa per interessi del Bilancio dello Stato si appesantisce ancor di più. In tale contesto, è in contraddizione con l’interesse nazionale e, in particolare, con l’interesse del lavoro, insistere per la ratifica della revisione del Mes. Come scritto nelle risoluzioni parlamentari approvate durante il Conte II, la ratifica va messa sul tavolo della riscrittura del Patto di Stabilità e Crescita, del completamento dell’Unione bancaria, delle deroghe asimmetriche alla normativa sugli aiuti di Stato, tutte partite per noi a perdere per come sono oggi definite”.

“Anche se attualmente non vediamo una spirale salari-prezzi o un disancoraggio delle aspettative, più a lungo l’inflazione rimane al di sopra dell’obiettivo, maggiori diventano tali rischi. Ciò significa che dobbiamo riportare l’inflazione al nostro obiettivo a medio termine del 2 per cento in modo tempestivo. Ma perché ciò accada, dobbiamo garantire che le imprese assorbano l’aumento del costo del lavoro nei loro margini”, ha detto Lagarde.
“Il costo del lavoro si è mosso e si muove ovunque meno dei prezzi. I redditi da lavoro perdono potere d’acquisto. Ma il nostro bersaglio non deve essere la Bce. Il nostro bersaglio devono essere i responsabili sul piano politico, ovvero i governi. È inaccettabile che lascino fare o si limitino a qualche commento addolorato”.

L’inflazione è una tassa odiosa, ha detto prima della premier l’Antitrust, perché colpisce i ceti più deboli, i bisognosi più dei ricchi, riduce il valore dei risparmi e pesa particolarmente sui lavoratori a reddito fisso.
“L’inflazione è una tassa odiosa, ma se punti alla recessione per combatterla gli effetti sono ancora più pesanti. Insisto: vi erano e vi sono alternative per combatterla”.

Come ogni estate si comincerà a parlare di autunno caldo. Dalle pensioni ai salari. Vede rischi per i prossimi mesi?
“Sarebbe auspicabile una mobilitazione, un conflitto, nel lessico del riformismo autentico, adeguata ai colpi ricevuti e a quelli annunciati: non soltanto a causa delle politiche monetarie, ma a causa delle politiche di diretta responsabilità del Governo della destra e della sua maggioranza: dalla delega fiscale iniqua e foriera di ulteriori tagli al welfare, al disegno di Legge della Lega Nord per l’autonomia differenziata, ossia per l’eutanasia della nazione e l’aggravamento delle disuguaglianze sociali e territoriali”.

 

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