di Valeria Di Corrado
Fascia “A” non è più sinonimo di gratuità. Anche i farmaci che rientrano in questa categoria possono essere soggetti a ticket, quando esiste sul mercato un farmaco equivalente con lo stesso principio attivo, il famoso “generico”. A stabilirlo è il Consiglio di Stato, che ieri ha rigettato una sentenza del Tar regionale del Molise in merito a questa questione.
La Regione Molise, infatti, aveva previsto un modesto contributo a carico dei cittadini per i farmaci della cosiddetta “fascia A”. Il Tribunale amministrativo di primo grado aveva dato ragione ai ricorrenti, basandosi sul principio secondo cui sarebbe escluso ogni margine di discrezionalità per l’amministrazione regionale sui medicinali essenziali ed indispensabili per garantire le cure previste nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea). Tra questi farmaci rientrano, tra gli altri, antibiotici, antidiabetici e antitumorali, per i quali occorre avere una ricetta medica. Il Servizio sanitario nazionale prevede che il cittadino non paghi i farmaci, ma una quota fissa di partecipazione, un ticket sanitario. A meno che non si abbia diritto a una forma di esenzione. La stessa Corte Costituzionale ha chiarito che l’erogazione dei medicinali considerati essenziali deve essere assicurata a tutti, in condizioni di uguaglianza, sul territorio nazionale.
Cosa dicono i giudici
I giudici amministrativi della III sezione del Consiglio di Stato, nel motivare la sentenza con cui hanno dichiarato “tassabili” anche i farmaci di fascia “A”, si sono richiamati al decreto legge 347 del 2001, che ha conferito alle Regioni il potere-dovere di coprire gli eventuali disavanzi di gestione mediante l’introduzione di “misure di compartecipazione alla spesa sanitaria”. La legislazione statale se da un lato assicura a tutti la totale rimborsabilità dei farmaci collocati in classe A nel prontuario farmaceutico, dall’altro lato aggiunge che, in caso ce ne siano alcuni di uguale efficacia terapeutica, possa essere escluso il rimborso dei medicinali più onerosi per le finanze pubbliche. L’essenzialità di un farmaco, in poche parole, non si misura più sulla sua appartenenza a una determinata categoria, ma sul fatto che non possa essere sotituito con uno sovrapponibile e di minor prezzo. Il tutto, ovviamente, con l’obiettivo di contenere il più possibile il deficit della sanità.
I vantaggi dell’equivalente
Nonostante le campagne informative i consumatori continuano a mostrare riserve e diffidenze sui farmaci equivalenti. Si tratta di medicinali che hanno lo stesso principio attivo di quelli tradizionali, garantiscono lo stesso giovamento dal punto di vista terapeutico e curativo e hanno un costo inferiore rispetto a quelli di marca, dal 20% al 50%. Chi li produce, infatti, non deve affrontare nessuna spesa pubblicitaria.Per favorirne la diffusione, da agosto i medici di base hanno l’obbligo per legge di indicare nella ricetta il principio attivo della medicina. Una funzione importante che dovrebbe assicurare anche il farmacista, consigliando il medicinale che ha il prezzo più basso fra quelli in commercio.