L’ultimo in ordine di tempo è stato Matteo Salvini. Da ministro dell’Interno il leader della Lega ha provato a riproporre lo stereotipo del ministro di ferro di matrice destrorsa, quello che nell’immaginario propagandistico è duro con i mafiosi, si ispira a Paolo Borsellino e non guarda in faccia nessuno. Non andò benissimo. Salvini ce lo ricordiamo per l’ennesimo video sui social mentre nuotava pesante nella piscina di una villa confiscata a un boss. Poco altro. D’altronde la destra – lo dicono i numeri – paga le troppe inchieste che vedono coinvolti politici locali e nazionali.
Inchieste e scandali a ciclo continuo. Ma il tema della mafia è sparito dal dibattito politico
Il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, è stato oggetto di innumerevoli inchieste giornalistiche che hanno raccontato le frequentazioni pericolose. A Catanzaro il procuratore Nicola Gratteri prova, in solitudine e con fatica, a sbrogliare gli intrecci che tesseva l’ex parlamentare Giancarlo Pittelli, uomo forte di Fratelli d’Italia in Calabria.
Alla fine la destra ha deciso di normalizzarsi e inabissarsi. Converrebbe non dimenticare, del resto, che uno dei tre leader, Silvio Berlusconi, è uomo che con Cosa Nostra ha intessuto rapporti economici e che Marcello Dell’Utri (fondatore di uno dei tre partiti al governo) è stato per anni l’ambasciatore presso la mafia per conto del leader di Forza Italia. Sarà per questo che l’ansia antimafiosa di questa brutta destra si è prontamente sopita limitandosi ad applaudire le operazioni delle forze dell’ordine e della magistratura. Un po’ poco.
Il tema dell’antimafia però si è rarefatto anche a sinistra dove sembrano lontane le stagioni in cui le piazze si riempivano per esprimere vicinanza ai magistrati (che sì, che continuano a rischiare di morire) e che affollavano gli eventi. La spinta originaria che accompagnò la maxi operazione Crimine-Infinito in Lombardia (mentre la neo candidata Letizia Moratti insisteva nel negare la presenza della mafia in Lombardia) si è affievolita perdendosi per strada le altre maxi operazioni che ci sono state in Piemonte, il maxi processo Aemilia in Emilia Romagna e per ultimo quello che si celebra proprio a Catanzaro.
Così accade che a Pioltello si sradichi per la seconda volta una locale di ‘Ndrangheta che si è riattivata dopo la scarcerazione del boss e la notizia finisca nella pagina delle cronache. Cronaca nera, ecco il punto. Anni di superficialità politica hanno concesso di relegare gli arresti, i processi e le condanne come casi di cronaca, episodi di criminalità organizzata che nel dibattito politico appaiono come totalmente estranei alle istituzioni, allo Stato e ai partiti. È la normalizzazione che proprio le mafie sognavano da tempo.
Se a questo ci si aggiunge un po’ di garantismo peloso (quello che non ha nulla a che vedere con la garanzia dei diritti ma che è soltanto un camuffamento dell’impunità) si ottiene la miscela perfetta: la mafia è solo roba di mafiosi, combatterla è compito di polizia e carabinieri e alle istituzioni base apparecchiare qualche buon evento in occasione delle commemorazioni. Perfino l’associazionismo antimafia sembra fiacco e intento a commemorare più i morti che occuparsi dei vivi.
Ieri in un’inutile conferenza stampa dopo l’ennesima maxi operazione il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha spiegato che “tutelare l’economia contro le infiltrazioni criminali è una premessa indispensabile per la crescita dei territori vessati dalla criminalità mafiosa ed a cui dobbiamo garantire sicurezza e legalità”.
Nessuno ha avuto il coraggio di chiedergli come si possa tutelare l’economia legale in un governo che sta concimando l’economia sommersa. Qualche giorno fa il candidato alla Regione Lombardia Pierfrancesco Majorino ha sottolineato la scomparsa del tema mafioso dalla politica lombarda. La presidente della commissione antimafia lombarda Monica Forte ha detto che non bisogna “trasformare l’antimafia in un tema elettorale”. E invece sarebbe utilissimo, per tutti.