L’autonomia differenziata ogni volta che esce dalla propaganda o dalle confuse poche righe di un programma elettorale si schianta contro la realtà. Questa volta l’incidente è ancora più gustoso poiché a scontrarsi sono il leghistissimo ministro Roberto Calderoli (uno che l’autonomia la infila in ogni mezza frase detta agli elettori e alla stampa) e il leghistissimo presidente della Regione Veneto Luca Zaia.
Faida nella Lega sull’Autonomia differenziata. Il Governo impugna la legge Finanziaria del Veneto. Che anticipa un principio della riforma sulle Regioni
Ora il ministro che ha promesso l’autonomia differenziata ha chiesto e ottenuto di impugnare davanti alla Corte costituzionale una legge della Regione Veneto che cercava di anticipare l’autonomia tributaria. Il paradosso si è consumato l’altro ieri quando il ministro per l’Autonomia e gli Affari regionali ha chiesto e ottenuto nel Consiglio dei ministri di ricorrere alla Consulta contro la legge veneta numero 30 del 2022, la Finanziaria regionale. E a far sorridere ancora di più è che quella veneta è l’unica legge di Stabilità contestata dallo Stato centrale. Ma ad aumentare l’aspetto tragicomico della vicenda c’è il fatto che si tratti dell’unica impugnazione messa in atto dal Governo Meloni.
Oggetto del contendere sono sei righe illustrate in Consiglio regionale dall’assessore al Bilancio di Zaia che chiedeva che l’attività di recupero dell’Irap e dell’addizionale Irpef dovessero rimanere nelle casse della regione. Il ragionamento è sempre il solito, quello leghista: questi soldi sono dei veneti e quindi vanno al Veneto. Niente di nuovo all’orizzonte se non fosse che quei soldi (stimati tra i 20 e i 30 milioni di euro all’anno) devono seguire le regole.
E infatti Palazzo Chigi in uno stringato comunicato spiega che certe disposizioni della regione Veneto “si pongono in contrasto con la normativa statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, violando l’articolo 117, comma 2, lett. e) della Costituzione, nonché l’articolo 81, relativamente alla copertura finanziaria”.
Zaia non ci sta, prende carta e penna e risponde: “Nel mio oggetto sociale c’è scritto che devo occuparmi degli interessi dei veneti. – scrive in una nota – È esattamente quello che ho sempre fatto, nel momento in cui mi è stato affidato il governo della Regione”. La spiegazione: “Nel caso in questione, che riguarda aspetti molto tecnici sul recupero di somme oggetto di controlli fiscali, restiamo convinti che la parte di provvedimento impugnata sia destinata a tutelare gli interessi dei veneti, per cui andiamo avanti.
Sarà la Corte Costituzionale a dover decidere: andremo dinanzi alla Consulta per ribadire la correttezza di quanto abbiamo proposto”. Poi Zaia ha un’illuminazione: “Non possiamo permetterci – dice Zaia – di rinunciare a priori a proporre provvedimenti innovativi, dalla forte connotazione regionale. Prova ne è che è stata impugnata dal governo solo una piccola parte, minoritaria, della complessa legge regionale di Stabilità. Altre porzioni importanti e con carattere di novità sono state attentamente vagliate dall’esecutivo senza alcuna eccezione”.
Cioè: Zaia sapeva che la sua proposta non rispettava la legge ma ancora una volta ha preferito la forma alla sostanza, facendo un po’ di rumore utile anche per la battaglia interna nella Lega. Una cosa si può subito riconoscere: anche se l’autonomia differenziata rimane un nebuloso progetto che difficilmente – anche questa volta – troverà la luce il partito di Salvini è riuscito ad anticipare i tempi con una bella autonomia differenziata all’interno del suo partito. La Lega veneta esulta per avere avuto un’idea eccezionale e la Lega al governo gliela ricaccia in gola. Tutto, come sempre, alla faccia dei cittadini.