di Stefano Sansonetti
Mentre il Governo si preoccupa di coprire le statue per non urtare la suscettibilità del presidente iraniano Hassan Rouhani, e fa finta di sbattere i pugni sul tavolo con Angela Merkel, si fa prendere tranquillamente per i fondelli da una banca estera che da noi sembra fare e disfare a suo piacimento. La banca in questione è l’americana Jp Morgan. E in Italia le sta combinando di tutti i colori nel più assoluto silenzio. Tanto per entrare nel merito, bisogna cominciare dicendo che Jp Morgan, in coppia con Mediobanca, qualche tempo fa è diventata consulente del ministero del Tesoro su un tema a dir poco spinoso: la costituzione dell’ormai famosa bad bank, ovvero il veicolo (o i veicoli) a cui le banche nostrane dovrebbero trasferire i loro crediti deteriorati per alleggerire i bilanci. Roba da far tremare i polsi, viste le infinite trattative dei mesi scorsi tra il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, e il Commissario Ue alla concorrenza, Margrethe Vestager, finalizzata a strutturare una bad bank al riparo dalle critiche per aiuti di Stato.
LA BOMBA
Poi però succede che a inizio gennaio Jp Morgan, che ha chiuso il 2015 con un utile record di 24,4 miliardi di dollari e che a livello mondiale è guidata da Jamie Dimon, invii ai suoi investitori e clienti un bel report in cui senza troppo giri di parole consiglia di tenersi alla larga dalla banche italiane. “Avoid italian banks”, c’è scritto su quel report, ovvero “evitare le banche italiane”. Da tutto questo, naturalmente, viene fuori una domanda tanto semplice quanto urgente: come diavolo è possibile che un consulente del Tesoro italiano, profumatamente pagato da via XX Settembre per aiutare le banche nostrane a risollevarsi, poi pubblichi un report in cui consiglia a investitori sparsi in tutto il mondo di tenersi alla larga da quelle stesse banche? Domanda a cui il Governo guidato da Matteo Renzi e il Tesoro dovrebbero come minimo fornire una risposta. Perché ne va della riuscita dell’operazione a cui abbiamo tanto lavorato a Bruxelles. E di conseguenza ne va della salute economica dei cittadini e delle imprese italiane che stanno aspettando la bad bank per vedersi riaprire i rubinetti del credito da parte dei nostri istituti. A leggere il report di Jp Morgan, i cui toni critici erano stati rivelati dal Corriere della sera, si rimane semplicemente basiti, soprattutto se si mettono in collegamento i contenuti con il ruolo svolto in Italia dalla banca. L’istituto americano, in un passaggio, dice che la situazione in Italia continua “a mettere pressione sulle banche”. E aggiunge che “la copertura dei crediti deteriorati delle banche potrebbe dover essere aumentata, in questo modo limitando le prospettive di guadagno”. In un altro passaggio il Belpaese viene anche sbertucciato rispetto ad altri partner Ue. “Qualche luce alla fine del tunnel si vede per la Spagna”, si può leggere, “ma ulteriori pressioni in Italia”. Da qui il suddetto giudizio finale: “italian banks, avoid”, “banche italiane da evitare”.
I PRECEDENTI
Questo responso, poi, è anche più preoccupante se consideriamo che Jp Morgan è da molti anni nella lista dei cosiddetti “specialisti in titoli di Stato”. Chi sono? Semplice, si tratta di banche internazionali che di fatto gestiscono il nostro colossale debito pubblico (2.200 miliardi di euro), organizzando aste, collocamenti e garantendo anche una percentuale di acquisti dei vari Btp e Bot. In sostanza da esse dipendono le sorti del nostro debito. Secondo l’ultimo aggiornamento pubblicato dal ministero del Tesoro, gli attuali specialisti sono 18, di cui 15 internazionali. E nell’ultima classifica dei migliori specialisti, redatta ogni anno da via XX Settembre, Jp Morgan si è classificata al secondo posto, dietro il Mps. Senza contare che un ex ministro dell’economia, Vittorio Grilli, oggi è un pezzo grosso proprio della banca americana. Ma per il Governo evidentemente va bene così, è tutto normale.
Twitter: @SSansonetti