Extraprofitti, aerei e taxi. Il governo Meloni ha già suonato la ritirata

Dopo avere rinviato tutto il rinviabile al prossimo autunno ora il governo Meloni prova a eccellere nell’arte della retromarcia.

Extraprofitti, aerei e taxi. Il governo Meloni ha già suonato la ritirata

Dopo avere rinviato tutto il rinviabile (dalla ratifica del Mes alla riforma della Giustizia) al prossimo autunno ora il governo di Giorgia Meloni prova a eccellere nell’arte della retromarcia. L’ultima rapidissima, è quella sulla tassa sugli extraprofitti delle banche, presentata da Salvini e Meloni come l’ultima azione dei nostri Robin Hood sovranisti per lenire le difficoltà economiche dei cittadini alle prese con mutui insostenibili.

Mentre tutto intorno si levano i lamenti delle prefiche del libero mercato solo quando conviene il Mef nella serata di martedì ha firmato di corsa una nota che fissa un tetto al prelievo che non dovrà superare lo 0,1 per cento del totale attivo, ridimensionando drasticamente la portata del provvedimento. Secondo le stime delle banche stesse il ricavato del prelievo passa da 4,5-5 miliardi a 2 miliardi di euro.

Dopo avere rinviato tutto il rinviabile al prossimo autunno ora il governo Meloni prova a eccellere nell’arte della retromarcia

Insomma: hanno mentito sui numeri e sulle promesse. Gli situati hanno tirato un sospiro di sollievo, i titoli in borsa hanno ripreso a correre e la coerenza è andata a farsi benedire. Ma la riscrittura del testo (anzi, la scrittura, non essendoci nulla di scritto) potrebbe fare addirittura peggio con Forza Italia pronta a immolarsi per le tasche dei banchieri. Tra i rivoli comici del dibattito di questi giorni intanto possiamo registrare coloro che rimpiangono Draghi perché vedono socialismo dappertutto e hanno già dimenticato che fu proprio Draghi a pensare alla prima fallimentare tassa proprio sugli extraprofitti. Il legittimo dubbio è che finisca allo stesso modo.

Atterraggio d’emergenza in vista anche per le nuove misure sulla fissazione del prezzo dei biglietti aerei. Dopo l’amministratore delegato di Ryanair (prevedibilmente risentito) ieri Adalbert Jahnz, portavoce della Commissione europea, ha spiegato che “i servizi della Commissione europea hanno contattato le autorità italiane e si aspettano di ricevere informazioni più dettagliate”. La Commissione, in generale, sostiene le norme per promuovere la mobilita’ a prezzi accessibili in linea con le norme del mercato interno”, ha precisato il portavoce.

“La concorrenza sostenibile con un libero sistema di fissazione del prezzo normalmente è garanzia di tariffe accessibili nel mercato europeo liberalizzato dei trasporti”, che rappresenta “un successo”, ha sottolineato Jahnz. “Solo in situazioni specifiche, per esempio nelle rotte che non sono adeguatamente servite dagli operatori di mercato, come quelle da e per regioni remote, il diritto europeo consente obblighi di servizio pubblico con regole sui prezzi”, ha ricordato il portavoce. Ciò è consentito per garantire “sia la connettività territoriale che l’accessibilità con il sostegno dei fondi pubblici”, ha concluso. Retromarcia in vista.

Il decreto varato martedì è tutto da riscrivere. E c’è l’ennesima resa alla lobby dei tassisti

La rivoluzione è stata rimandata anche sul fronte dei taxi. La bozza del testo, trapelata nei giorni scorsi, non era andata giù ai tassisti e i sindacati avevano immediatamente minacciato lo sciopero. Le norme alla fine approvate dal Consiglio dei ministri, infatti, sono state smussate ed è saltata in toto l’ipotesi di cumulabilità delle licenze, il tema più contestato dai tassisti.

“Pensiamo di aver dato una prima risposta immediata” alla carenza di auto bianche, ha commentato Adolfo Urso in conferenza stampa. Può essere, sicuramente non è la risposta che hanno promesso e in politica – come nella vita – mantenere le promesse dovrebbe essere un prerequisito necessario. Anche la retromarcia sulle intercettazioni è un ricordo ancora vivo. Magari a settembre si potrebbe fare un bel Consiglio dei ministri di riparazione, come per gli studenti che non hanno raggiunto la sufficienza a scuola.

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