Expo 2015, quel consulente yankee coperto d’oro e poi cacciato

di Stefano Sansonetti

Il suo nome è Michael Eckstein e ai più non dice molto. Ma fino a qualche tempo fa dalle parti di Expo 2015, la società chiamata a organizzare la sempre più tribolata kermesse milanese, si puntava moltissimo su questo personaggio per aprirsi un varco tra le imprese Usa. Già, proprio tra le aziende del paese che, almeno per il momento, non ha aderito all’Expo. Una macchia che ancora adesso si sta disperatamente cercando di cancellare. Ed è proprio sulla via degli Stati Uniti che Eckstein, americano, titolare della società di consulenza Topaz Group, compare un paio di anni fa. Expo 2015 spa, controllata da ministero dell’economia, regione Lombardia, comune, provincia e Camera di commercio di Milano, decide di stipulare con lui un contratto che ha un oggetto tanto semplice quanto strategico e delicato: fare “recruitment”, ovvero cercare società Usa e convincerle a partecipare alla manifestazione milanese. All’epoca a Giuseppe Sala, ad di Expo 2015, è già chiara l’importanza di andare a pescare nel mercato statunitense. Per questo, insieme agli altri vertici della società, si decide di puntare su Eckstein, coinvolgendolo con un contratto piuttosto ricco. Ma chi aveva fatto il suo nome? A quanto pare lo sponsor sarebbe stato Fabio Marazzi, consigliere di amministrazione di Expo in rappresentanza della regione, considerato molto vicino all’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, che ancora oggi è commissario generale della kermesse. Ebbene, Eckstein lavora per Expo 2015 dall’aprile al dicembre 2011, ma alla fine non viene confermato. A quanto pare il suo lavoro non viene valutato all’altezza delle aspettative. Probabilmente un eufemismo, dietro al quale si cela un fallimento vero e proprio dell’attività di “recruitment”. Con buona pace di tutte le buone intenzioni di incidere su un mercato, quello statunitense, a dir poco fondamentale. Prova ne sia, tanto per dirne una, che proprio in questi giorni l’ad Sala si trova negli States. Certo, va detto che tra le aziende partner di Expo spicca l’americana Cisco, colosso informatico che fornirà alla manifestazione tutta una serie di soluzioni. Ma le aspettative erano evidentemente maggiori. E così oggi gli azionisti, tra i quali c’è anche il comune di Milano guidato da Giuliano Pisapia, si trovano a rincorrere un mercato che ancora manca all’appello. La Notizia ieri ha chiesto a Expo di chiarire tutti gli aspetti contrattuali ed economici del coinvolgimento di Eckstein. Ne viene fuori che il contratto con la Topaz Group prevedeva un compenso complessivo di 200 mila euro. In più, dice sempre la società, Eckstein ha organizzato “una trentina di incontri bilaterali con multinazionali americane”. Con alcune di queste aziende “le trattative sono ancora in corso”, ma evidentemente non c’è nulla di concluso.

La fuga dei manager
Che poi quello degli uomini è stato e continua a essere uno dei problemi più sentiti all’interno di Expo 2015 spa. A cavallo tra il 2011 e il 2012, tanto per dirne una, alcuni manager di spicco, su cui si puntava molto per far andare a regime la macchina organizzativa, hanno lasciato la società. Con un corollario di vuoti nell’organigramma che la società si è trovata costretta a colmare non senza difficoltà. Uno dei casi più eclatanti è quello dell’ex direttore finanziario di Expo, Renato Carli, che l’anno scorso ha deciso di lasciare l’azienda per trasferirsi alla Bracco, gruppo all’interno del quale si occupa di public affairs. Si tratta di un abbandono che ha fatto molto discutere anche per la destinazione finale. La Bracco, infatti, è l’azienda farmaceutica di Diana Bracco, che non soltanto è presidente del consiglio di amministrazione di Expo 2015 spa, ma anche Commissario generale del padiglione Italia. Come è possibile, si è chiesto qualcuno, che il presidente della società che deve orgnizzare e gestire la manifestazione abbia deciso di sottrarre alla “macchina” un manager fino a quel momento considerato strategico? Qualche mese prima di Carli era stata la volta di Luciano Graziotti, all’epoca in Expo con il ruolo di direttore delle risorse umane, poi passato con lo stesso incarico al gruppo Avio. In molti ricordano come Graziotti si fosse speso molto, sin dal 2010, per il lancio del progetto “Open Source”, ovvero il piano che prevede per le aziende italiane la possibilità di distaccare i propri dipendenti presso la società Expo 2015 al fine di rispondere ai suoi fabbisogni professionali. Di lì a poco, però, il manager avrebbe deciso di andarsene.
A queste, poi, si sono aggiunte ulteriori uscite che hanno contribuito a “scarnificare” ancora di più l’iniziale compagine. Segno, al di là di tutto, di qualche disagio. Ma c’è di più, perché secondo alcune indiscrezioni sarebbero anche altri i funzionari e i manager che potrebbero lasciare a breve la struttura societaria. Si vedrà.

@SSansonetti

Sulla manifestazione pure la tegola della sicurezza

di Alessandro Barcella

Due grossi incendi contemporaneamente in città? Sarebbe una iattura per Milano, perché metterebbe il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco in seria difficoltà. E se un incidente del genere capitasse in zona Expo, naturalmente facendo tutti gli scongiuri del caso, sarebbe un miracolo intervenire. La grave denuncia arriva da Renato Motta, capo-squadra e coordinatore provinciale Fp-Cgil per il Corpo dei Vigili. La situazione di Milano rispecchia un dato tristemente comune alla maggior parte dei Comandi provinciali italiani: carenza di personale “qualificato” e mezzi da riparare, spesso a lungo bloccati in officina. Una situazione che va inquadrata anche nell’ottica del durissimo “scontro” in corso, di cui La Notizia vi ha già raccontato i contorni, tra il Corpo e il Ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri, che vorrebbe aumentare la presa dei Prefetti sui quasi 32.000 pompieri italiani.
A Milano la tensione rispetto alle difficoltà operative è forte: una situazione insostenibile per una metropoli che ha un organico di 10-20 volte inferiore alla maggior parte delle grandi capitali e città europee. Una città che tra poco più di due anni si troverà a dover fare i conti con l’evento Expo. E anche a proposito di Expo 2015, il coordinamento provinciale Cgil dei vigili del fuoco di Milano ha preso carta e penna per scrivere al primo cittadino, Giuliano Pisapia. Una lettera, inoltrata pochissimi giorni fa, che chiede un incontro per affrontare le tematiche più calde. Tra queste, appunto, l’Esposizione Universale, francamente difficile da supportare operativamente stando così la situazione dei vigili del fuoco milanesi. “Prima di chiedere il riconoscimento degli straordinari vogliamo ottenere una risposta positiva sugli organici – spiega Renato Motta -. Da tempo abbiamo chiesto di avere altri 200 uomini su Milano, ma ormai non ci rispondono neanche più. A suo tempo inoltrammo la richiesta anche all’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni, ora governatore della regione Lombardia: chissà se oggi si ricorderà ancora delle promesse fatte.”
Gravi deficit strutturali e logistici, dicevamo. “La prima questione è quella della carenza dei cosiddetti qualificati”, prosegue il delegato sindacale. “Stiamo parlando di capisquadra e capireparto, questi ultimi ai vertici della carriera operativa dei Vigili: a Milano abbiamo 7 capireparto, che sono quelli che coordinano più squadre operative, mentre da pianta organica dovrebbero essere 66. Il comando provinciale ha un totale di 800 operativi circa: mancano almeno altri 200 qualificati”.
I numeri restituiscono una realtà impietosa, fatta di turni in cui non è possibile garantire il pagamento degli straordinari, con carriere bloccate da tempo: “In realtà è dal giugno 2012 che gli avanzamenti di carriera sono stati sbloccati – prosegue il delegato sindacale – ma solo in teoria, perché nella pratica tutto è rimasto come prima”. Il dato delle province lombarde, relativo sempre al numero dei capi-reparto, è sconsolante. A Bergamo sono sotto di 22 unità, a Sondrio di 20, di 11 a Cremona. Lecco e Lodi, entrambe sotto di 8 unità, non hanno in servizio alcun caporeparto.
Una situazione di effettiva difficoltà nel caso di interventi complessi, come detto, e anche in relazione al mega-evento Expo 2015. Una grave carenza cui si aggiunge una seconda seria questione: i mezzi sono vecchi e spesso in riparazione. “Qui a Milano abbiamo in dotazione tre autoscale per la città – prosegue Motta – e ci è capitato che anche per più di una settimana 2 di queste 3 fossero ferme in officina. Parliamo di mezzi in cui la tecnologia è dominante e spesso necessità di interventi di natura tecnica. E’ chiaro però che le case costruttrici, in credito con la Pubblica Amministrazione per cifre notevoli legate alla manutenzione, impieghino più tempo a mettervi mano: sanno infatti che le fatture del lavoro fatto verranno liquidate dalla nostra amministrazione a 15-24 o addirittura 36 mesi dalla loro emissione”.
Le conseguenze potrebbero dunque essere serie nel caso di eventi multipli di una certa importanza. “Su un incendio di grandi dimensioni, ad esempio in una fabbrica, possono essere impiegati anche 9-10 mezzi: se dovessero scoppiare due grandi incendi negli stessi momenti saremmo bloccati – conclude Motta – e dovremmo ricorrere ad aiuti da fuori provincia, con tempi non congrui per un intervento immediato ed efficace”. Il Ministro Cancellieri, il Prefetto, il Sindaco di Milano e i vertici di Expo sono avvisati.