I fondi sequestrati alla famiglia Riva potranno essere utilizzati non solo per “risanamento e la bonifica ambientale dei siti” riconducibili all’ex Ilva di Taranto, ma anche per consentire ad Acciaierie d’Italia, che gestisce oggi la fabbrica ionica, di continuare a produrre acciaio e restare in vita puntando alla decarbonizzazione.
È sostanzialmente questo il senso della norma, che ha fatto tanto discutere nei giorni scorsi, inserita dal governo Draghi nel decreto Milleproroghe che ha suscitato un’ondata di proteste bipartisan a Taranto. Un blocco che raggruppa Movimento 5 stelle, Partito Democratico, Gruppo Misto e consiglieri regionali di Fratelli d’Italia. A questi si aggiungono anche le associazioni ambientaliste di Taranto e i sindacati come l’Usb.
Il primo a denunciare il trasferimento di ben 575 milioni era stato Angelo Bonelli dei Verdi che ha parlato di regalo fatto all’Ilva dal ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani e chiedendo “la massima mobilitazione da parte di chi ha a cuore la tutela della salute della popolazione”. È molto probabile, però, che alla fine la norma verrà riscritta o cancellata: le proteste stanno montando.
E, come ha detto chiaramente anche il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, “se il governo vuole essere credibile, ripristini immediatamente le risorse per la bonifica”. Una posizione condivisa anche dal Movimento che, col parlamentare Giamapaolo Cassese, sta conducendo una battaglia sull’ex Ilva che ormai è condivisa anche da altri partiti e sindacati.