Qualcuno, con ben poca inventiva, l’ha definita la “lista Dubai”. Si tratta del documento che mercoledì scorso è stato inviato, da una fonte anonima alle autorità della Germania e in cui figurano dati di milioni di europei che per eludere le tasse avrebbero nascosto negli Emirati Arabi Uniti, in particolare nella sua capitale, i loro ingenti patrimoni.
Tra questi figurerebbero migliaia di italiani che hanno convinto l’Agenzia delle Entrate, dietro la regia del Ministero dell’economia e delle finanze guidato dal ministro Daniele Franco (nella foto), a chiedere ai colleghi tedeschi la preziosa lista. La notizia arriva proprio nel giorno in cui la Guardia di Finanza ha fatto sapere che nel 2020 sono stati scoperti 3.500 evasori totali, con proposte di sequestro per oltre 4 miliardi di euro.
RICORSI PREANNUNCIATI. Che la lotta all’evasione fiscale sia una priorità dell’Europa, è cosa nota. Proprio per questo, al momento della ricezione della lista Dubai, il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, ha spiegato che intende “usare tutti i mezzi per scoprire i reati fiscali”. In quell’occasione il ministro ha spiegato che “per mia iniziativa, l’ufficio federale per le imposte si è procurato un Cd con dati fiscalmente rilevanti dall’emirato di Dubai” aggiungendo che “l’evasione fiscale non è un’infrazione minore ma un crimine” devastante che colpisce la collettività.
Dati per i quali l’ufficio federale per le imposte avrebbe sborsato 2 milioni di euro e che ora intende passare ai Laender, l’equivalente delle nostre regioni, per procedere alle verifiche. Un documento che, ovviamente, interessa anche al Governo italiano che ne ha chiesto l’acquisizione ai colleghi tedeschi. Peccato che l’eventuale – e probabile – acquisizione potrebbe non bastare ad assicurare al Fisco gli evasori. Già perché è facile immaginare possibili contenziosi in merito alla loro utilizzabilità visto il modo in cui sono stati reperiti dalla Germania, ossia da una fonte anonima e per di più pagando.
Del resto questioni simili in Italia sono già state sollevate in diverse circostanze tra cui l’ultima è quella della cosiddetta lista Falciani, relativa a conti e attività detenuti presso la filiale della banca Hsbc di Ginevra su cui aveva messo le mani la Francia e che poi erano stati utilizzati anche dall’Italia. Quel che è certo è che la modalità “irrituale” di ottenimento dei dati né pregiudica l’impiego ai fini penali ma, secondo quanto ha stabilito la Corte di cassazione il 28 novembre 2019, non necessariamente ciò è vero per l’uso a fini fiscali. Ciò, però, non fermerà i ricorsi di quanti finiranno nel mirino del Fisco proprio sulla base della lista Dubai.