Non guardo più telegiornali e talk show: giornalisti insipienti e incapaci di parlare un buon italiano. Ascoltarli è una perdita di tempo.
Agnese Tauri
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Gentile lettrice, a chi lo dice? Rimpiango programmi del passato come Bontà loro e il Costanzo Show, o le interviste in prima serata, ancora in bianco e nero, a un Ungaretti, un Quasimodo, un Pasolini. Le grigie tribune elettorali d’antan ci appaiono monumenti di decenza, oggi che siamo aggrediti da talk show sgangherati. Mi riferisco anche al pessimo uso dell’italiano, oltre che ai contenuti. Prenda il first-fidanzato di Palazzo Chigi, il Giambruno, e quel suo fraseggio incolto e risibile: “Le ragazze hanno il diritto di ubriacarsi”. Ma non si chiama “diritto”, si chiama “libera scelta” ed è tutto un altro concetto. La Rai non è da meno, anzi. I suoi telecronisti ai mondiali di tuffi in Giappone comparano la statura delle atlete dicendo che “però, messe orizzontali, sono tutte alte uguali”. E poi il radiocronista di Radio1 che durante Reggiana-Cremonese celebra il “meraviglioso gol” di Manolo Portanova, condannato a 6 anni in primo grado per stupro di gruppo, dicendo che “non lo volevano in tanti, soprattutto le tifose. Ma il gol meraviglioso mette a tacere le polemiche”. Sfugge il nesso tra gol e stupro. Notevole anche quel “soprattutto le tifose”. Quindi ai fan di sesso maschile lo stupro sta bene? Ci si chiede dove e come cotanti giornalisti siano raccattati dalle nostre maggiori emittenti, quando ci sono migliaia di ragazzi bravissimi ma disoccupati o destinati al precariato a vita. La morte della meritocrazia è il grande male dell’Italia.
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