L’offensiva turca parte con un tweet. “La nostra missione è di evitare la creazione di un corridoio del terrore ai nostri confini meridionali e di portare pace nell’area”. L’ordine del Recep Tayyip Erdogan arriva quando l’invasione del nord-est della Siria, anticipata due giorni fa a margine di un colloquio telefonico con il presidente Usa Donald Trump, è già partita. E gli F16 decollati dalla base di Diyarbakir, sono già in rotta verso Tal Abyad e Ras al-Ayn, i due punti, prima controllati dalle forze americane, dove l’esercito di Erdogan intende varcare il confine. Raid contro obiettivi controllati dalle forze curde del Pkk/Ypg e dall’Isis. Concentrati, in particolare, sulle principali arterie stradali e depositi di armi. Ma che, secondo un portavoce dei combattenti curdi, avrebbero già coinvolto aree civili causando due morti e altrettanti feriti proprio nelle aree di frontiera di Mishrife e Ras al Ayn, dove si sarebbero concentrati i bombardamenti.
Insomma, il dado è tratto. Ankara affida al ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, il compito di rivendicare l’iniziativa militare, “in conformità con il diritto internazionale, l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla lotta contro il terrorismo” per liberare la regione “dai terroristi” e per garantire “la sicurezza delle frontiere e l’integrità territoriale della Siria”. E di rassicurare gli sfollati che, assicura, potranno tornare “sani e salvi nelle loro case e la pace e la sicurezza prevarranno nella regione”. Ma promettendo guerra senza quartiere contro il gruppo terroristico Pkk e tutte le sue estensioni, compresi i curdi dell’Ypg/Pyd, definiti “la più grande minaccia per il futuro della Siria” che mette “a repentaglio l’integrità territoriale e la struttura unitaria del Paese”. Sostenere i terroristi con il pretesto di combattere il Daesh “è inaccettabile”, è la posizione ribadita dalla Turchia.
Prima dell’attacco sono stati informati gli ambasciatori in Turchia dei Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma la condanna delle grandi potenze, ad eccezione degli Usa che hanno di fatto aperto le porte all’invasione di Ankara, dalla Russia all’Italia, è pressoché unanime. “La Turchia ha assunto una iniziativa unilaterale sulla quale non posso che esprimere preoccupazione”, prende le distanze Giuseppe Conte. Che invita ad evitare “iniziative che possano portare a una ulteriore destabilizzazione della regione e che possano finire per procurare ulteriori sofferenze alle comunità locali”, aggiunge dopo l’incontro di ieri con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “Spero che qualsiasi iniziativa intrapresa dalla Turchia – gli fa eco il numero uno dell’Alleanza altlantica – sia proporzionata e misurata, non dobbiamo mettere a repentaglio la lotta al nemico comune, l’Isis”. Preoccupazioni condivise dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, per l’iniziativa turca che rischia solo “di pregiudicare i risultati raggiunti nella lotta contro la minaccia terroristica, a cui l’Italia ha dato un significativo contributo”. Belgio, Francia, Germania, Polonia e Gran Bretagna chiedono intanto all’Onu la convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza.
The Turkish Armed Forces, together with the Syrian National Army, just launched #OperationPeaceSpring against PKK/YPG and Daesh terrorists in northern Syria. Our mission is to prevent the creation of a terror corridor across our southern border, and to bring peace to the area.
— Recep Tayyip Erdoğan (@RTErdogan) October 9, 2019