Erdogan non si ferma più. E così, a poco più di un mese dal fallito golpe in Turchia, continuano le purghe e si completa l’assedio all’uomo considerato il nemico numero uno. Dopo la richiesta di estradizione, il mandato di arresto, arriva la richiesta di condanna a tempo di record per Fetullah Gulen. L’imam, autoesiliatosi in Usa, è considerato dal presidente Erdogan “la mente” del fallito golpe del 15 luglio. La procura ha chiesto due condanne all’ergastolo e altri 1.900 anni di carcere per il religioso, in passato alleato del presidente. In contemporanea sono stati eseguiti nuovi arresti e perquisizioni: nel mirino dipendenti dei Tribunali e manager di società considerate finanziatrici del movimento guleniano. Ma non solo: un tribunale ha ordinato la chiusura del giornale Ozgur Gundem, accusato di fare propaganda per il Pkk.
L’agenzia di stampa Anadolu spiega che l’atto d’accusa di 2.527 pagine nei confronti del religioso è stato approvato dai procuratori della regione di Usak nella Turchia occidentale. Gulen è accusato di aver ”tentato di distruggere l’ordine costituzionale con la forza” e di aver “formato e diretto un gruppo terroristico armato”.
Ma non basta. Perché nei giorni scorsi le autorità turche, nel generale repulisti che ha coinvolto migliaia di persone, hanno fermato o arrestato centinaia di persone considerate vicine all’imam e anche oggi la polizia ha eseguito perquisizioni negli uffici di 44 società di Istanbul con mandati di arresto per 120 manager. Le società in questione sono accusate di sostenere finanziariamente il movimento.
Anadolu riferisce anche che, sempre nell’ambito delle indagini sul fallito golpe, la polizia ha perquisito alcuni uffici all’interno del principale tribunale nella parte asiatica di Istanbul, con mandati d’arresto per 83 persone. Dal 15 luglio oltre 35mila persone sono state fermate e per 17mila di loro è stato confermato l’arresto; decine di migliaia di altre persone sono state invece sospese dal servizio nelle purghe all’interno di esercito e sistemi di istruzione e giustizia.