Parlare di vendetta nei confronti di Matteo Renzi, che lo ha sostituito a palazzo Chigi in modo non proprio amichevole, potrà sembrare esagerato. Ma la “riorganizzazione” di Enrico Letta, in corso da diverso tempo, nelle ultime ore ha messo a segno un colpo francese di non poco conto. Per carità, la consuetudine dell’ex premier italiano con think tank e pensatoi internazionali è risalente nel tempo. Ma la recente ascesa in alcuni organigrammi non può non far riflettere sul percorso di consolidamento di certi contatti che Letta jr sta costruendo in vista di uno suo ritorno sulle scene che contano.
L’ULTIMO TASSELLO – L’ultima operazione in ordine cronologico ha visto l’ex premier diventare presidente dell’Istituto Jacques Delors, che prende il nome dall’ex presidente transalpino della Commissione europea. Non che Letta fosse nuovo all’interno dell’Istituto, ma il fatto che adesso sia stato individuato come presidente sembra una spia di un’asse con la Francia. Per rendersene conto basta rispondere a una domanda: chi sono i maggiori finanziatori dell’Istituto Delors? In cima abbiamo la Commissione europea, subito dopo seguita dal Governo francese, dalla francese Caisse des Depots (in pratica la Cassa depositi e prestiti di Parigi) e dal colosso dell’energia Engie, ovvero l’ex Gaz de France-Suez. Insomma, pare proprio che dietro il think tank ora presieduto da Letta si agitino poteri forti transalpini. E questo è sicuramente un passo avanti rispetto all’incarico che l’ex premier ha assunto diverso tempo fa presso l’istituto parigino di studi politici Sciences-Po.
L’ALTRO CENTRO – Ma non finisce qui. L’ultimo tassello internazionale di Letta, infatti, segue il precedente incarico acquisito all’interno di Eurasia Group, centro di analisi di rischio geopolitico basato a New York e molto ascoltato da Stati e multinazionali. Ebbene, era stata proprio La Notizia del 16 marzo scorso a raccontare come l’ex presidente del consiglio fosse stato nominato senior advisor di Eurasia. Di più, perché il centro in questione è presieduto da Ian Bremmer, politologo americano che scrive su un’incredibile quantità di giornali. Senza contare che in un recente passato lo stesso Bremmer è stato insignito dell’onorificenza di commendatore dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il cui ufficio di segreteria, per inciso, è guidato da Simone Guerrini, amico d’infanzia di Letta jr ed ex Dc come l’ex presidente del consiglio. Inoltre tra i principali clienti di Eurasia c’è da tempo l’Eni, il colosso petrolifero italiano oggi guidato dall’Ad Claudio Descalzi, con un Cda all’interno del quale siede Fabrizio Pagani, capo della segreteria del ministero dell’Economia ma soprattutto ex consigliere economico di Letta a palazzo Chigi. Tutto questo per dire che prima dell’ultima mossa in salsa francese, con la presidenza dell’Istituto Delors, Letta aveva già stabilito un interessante rapporto con un centro analisi che porta dritto dalle parti degli Stati Uniti e che è ben conosciuto dal Quirinale. Il medesimo Quirinale con cui l’ex premier mantiene un legame stretto. Cosa può voler dire tutto questo nella strategia di Letta? Forse una risposta precisa è impossibile. Ma sembra innegabile che l’ex premier non voglia proprio rimanere con le mani in mano. Anzi.
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