Il vaccino di Pfizer-BioNtech può essere somministrato anche ai bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. L’annuncio è arrivato ieri dall’Agenzia europea per i medicinali (leggi l’articolo) che ha raccomandato di concedere l’estensione. Nella fascia d’età indicata dall’Ema la dose di Comirnaty sarà un terzo rispetto a quella utilizzata nelle persone di età pari o superiore a 12 anni
VIA LIBERA. Ma come nel gruppo di età più avanzata, sarà somministrato con due iniezioni nei muscoli della parte superiore del braccio, a distanza di tre settimane. Uno studio ha mostrato infatti che la risposta immunitaria a Comirnaty somministrata a una dose più bassa in questo gruppo di età è paragonabile a quella osservata con la dose più alta in pazienti di età compresa tra 16 e 25 anni. Gli effetti indesiderati più comuni nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni sono simili a quelli nelle persone di età pari o superiore a 12 anni.
Includono dolore al sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, arrossamento e gonfiore al sito di iniezione, dolore muscolare e brividi. Questi effetti sono generalmente lievi o moderati e migliorano entro pochi giorni dalla vaccinazione. L’Ema ha dunque concluso che i benefici di Comirnaty nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni superano i rischi, in particolare in quelli con condizioni che aumentano il rischio di Covid grave. La sicurezza e l’efficacia del vaccino sia nei bambini che negli adulti continueranno a essere monitorate attentamente.
L’Ema invierà ora la sua raccomandazione alla Commissione europea, che emetterà una decisione finale. Certo è che ora la palla passa all’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) anche se il responso sembra scontato e cioè in linea con l’Ema la commissione tecnico scientifica si riunirà la prossima settimana ed esprimerà il proprio parere.
“Non abbiamo ancora esaminato questo dossier a livello di commissione tecnico scientifica – spiega la dottoressa Patrizia Popoli, presidente della Commissione tecnico scientifica dell’Aifa e direttore del Centro Nazionale Ricerca e Valutazione Farmaci dell’Istituto Superiore di Sanità – abbiamo una riunione la prossima settimana e sicuramente nei prossimi giorni avremo l’occasione di valutare il dossier ed esprimere il parere”. Certo è che la questione è tutt’altro che lineare.
PRO E CONTRO. Gli esperti sull’argomento non hanno una linea univoca. “L’ok di Ema conferma quanto detto fino ad oggi”, parola di Matteo Bassetti, primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. Il vaccino anti-Covid per i bambini 5-11 “è un’opportunità in più e ha tre scopi fondamentali: evitare le complicanze di un’infezione, che hanno meno effetti rispetto a quelle degli adulti, ma possono esserci; poi con la vaccinazione dei bambini rendiamo le scuole più sicure; terzo, potremmo raggiungere l’immunità di gregge perché avremmo quasi tutte le fasce d’età coperte”, ha commentato Bassetti.
“Non voglio però più sentire chi dice ‘giù le mani dai bambini’ o ‘vacciniamo i bambini per far star meglio gli adulti’. Non è così – avverte Bassetti -. Sono cose sbagliate, non capisco perché si fanno senza problemi i vaccini obbligatori e questo no. Il concetto delle barricate è politico e non scientifico”. Diverso il pensiero di Andrea Crisanti (nella foto), microbiologo dell’Università di Padova: “è meglio eccedere in cautela”. Il consigliere del ministro Speranza, Walter Ricciardi, a Radio Capital: “Oggi i bambini rappresentano il 30% dei soggetti infetti, perché non sono vaccinati, sono scolarizzati e si contagiano stando l’uno vicino all’altro. Tutti i grandi pediatri e le accademie di pediatria a livello mondiale sono favorevoli alla vaccinazione. Sarà una vaccinazione raccomandata innanzitutto per la loro salute”.
Più cauto Francesco Vaia, direttore dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma: “Quando le agenzie regolatorie, Ema e Aifa, approveranno” il vaccino per i più piccoli, “verificheremo a che punto è la pandemia e potremo decidere con maggiore serenità e con dati che ci dicono anche i risultati a lunga distanza del Covid, che oggi non sono chiarissimi”.
Lapidario il virologo e professore di microbiologia clinica presso l’Università Milano-Bicocca Francesco Broccolo: “Gli attuali vaccini non bloccano l’infezione, la diffusione e la trasmissione, quindi non sono giustificati dal punto di vista del rapporto benefici-rischi, in quanto se l’obiettivo primario è quello di ridurre la trasmissione questi vaccini non sono adatti”.