Non è solo un pareggio che blocca tutto e nega un governo “la sera delle elezioni” come tante volte era stato promesso. Le elezioni di ieri, 4 marzo, hanno decretato qualcosa di più: la fine dei partiti da establishment e la vittoria dei cosiddetti partiti “anti-sistema”. I vincitori sono essenzialmente due: il Movimento Cinque Stelle di Luigi Di Maio che sfonda la quota del 30 per cento, tocca il 33 e accarezza il 34; e la Lega di Matteo Salvini che strappa la leadership del Centrodestra a Forza Italia. Ad ora la Lega è ferma al 18,4% mentre Forza Italia al 13,7%.
Batosta per il Pd che sprofonda sotto il 20%. In tanti ora premono per le dimissioni del segretario dem. Nel frattempo ha parlato il suo vice, Maurizio Martina, che ha dichiarato ciò che non può essere negato, cioè che è una sconfitta chiara e evidente. È dimezzato il voto delle Europee, è dimezzato il voto del Sì al referendum che Renzi credeva tutto suo. Il secondo sconfitto è come detto Silvio Berlusconi: questa volta la sua campagna elettorale – al contrario delle percezioni – non è stata sufficiente per raddrizzare le sorti del suo partito, il tocco magico sembra finito una volta per tutte, la sua presenza sulla scena politica rischia di essere archiviata con un lento spegnimento. E infine c’è Pietro Grasso: batosta anche per Liberi e Uguali, che supera a stento la soglia del 3%,
Il centrodestra ha vinto quasi tutti i collegi uninominali del Nord Italia. Il Movimento 5 Stelle prevale in quasi tutto il Sud Italia. Il centrosinistra è in testa in pochissimi collegi uninominali del Trentino Alto Adige, dell’Emilia Romagna, della Toscana e del Lazio. Umbria e Marche non sono più regioni rosse. Se i dati definitivi confermeranno il trend attuale, i collegi uninominali delle due regioni sono stati tutti conquistati da centrodestra e M5s. I collegi uninominali sono 232 alla Camera e 116 al Senato. Gli altri si attribuiranno con il proporzionale. Per gli italiani all’estero sono riservati 12 deputati e 6 senatori.