La farsa elettorale tunisina si è conclusa come previsto: Kais Saied ha “vinto” con l’89% dei voti. Una vittoria schiacciante, degna dei migliori regimi autoritari. Ma chi è il vero vincitore di questa pantomima democratica? Certamente non il popolo tunisino, che ha disertato le urne in massa, con un’affluenza misera del 27,7%. Il trionfo di Saied è quello di un uomo solo al comando, che ha spazzato via ogni parvenza di opposizione. I suoi sfidanti? Un imprenditore in carcere e un candidato fantoccio che lo sosteneva. Una competizione degna delle migliori barzellette politiche, se non fosse tragicamente vera.
Ma la vera vergogna è l’imbarazzante silenzio dell’Unione Europea, troppo impegnata a lodare Saied come baluardo contro l’immigrazione per preoccuparsi di dettagli come la democrazia. E che dire dell’Italia? La nostra Premier Meloni, sempre pronta a dipingersi come paladina dei valori occidentali, tace di fronte all’amico Saied che imprigiona oppositori e giornalisti. Questo è il prezzo che l’Europa è disposta a pagare per il controllo dei flussi migratori: legittimare un autocrate che ha smantellato sistematicamente le istituzioni democratiche tunisine, nate dalle ceneri della Primavera Araba? Saied promette di “ripulire il paese dai corrotti”.
Resta da vedere chi ripulirà la Tunisia da un presidente che ha trasformato la democrazia in una farsa e chi ripulirà la coscienza dell’Europa, complice silenziosa di questo declino democratico. La Tunisia di Saied è lo specchio delle nostre ipocrisie. Un monito che ci ricorda come sia facile sacrificare i principi sull’altare della realpolitik. Ma attenzione: quando si semina autoritarismo, si raccoglie instabilità.