Un deputato dell’Assemblea regionale siciliana sarebbe stato eletto con i voti dei mafiosi di Agrigento, ottenuti a sua insaputa, con l’obiettivo dell’organizzazione criminale di avere poi un politico a cui poter bussare per ottenere appalti e favori soprattutto in ambito sanitario. E questo è solo uno degli inquietanti particolari emersi dall’inchiesta denominata “Oro Bianco”, culminata ieri con l’esecuzione di 35 misure cautelari da parte dei carabinieri, che hanno arrestato anche un consigliere comunale. In quest’ultimo caso, secondo gli inquirenti, non si tratta più di un amministratore pubblico sceso a patti con la mafia, ma direttamente di un mafioso che si candida e riesce così a mettere piede a Palazzo, dove poter favorire i clan.
IL BLITZ. All’alba di ieri i carabinieri del comando provinciale di Agrigento hanno eseguito il provvedimento firmato dal gip fra Licata, Palma e Favara, mettendo 12 indagati in carcere con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso. Un blitz scattato nell’ambito dell’inchiesta portata avanti dalla Dda di Palermo. Secondo gli inquirenti, l’organizzazione criminale avrebbe acquisito la gestione o il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, oltre a procurare voti eleggendo propri rappresentanti in occasione delle consultazioni elettorali.
Tra gli arrestati ci sono anche fiancheggiatori di Giovanni Brusca, appartenenti alla famiglia Stiddara che uccise il giudice Rosario Livatino. Determinanti per l’inchiesta le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta di Favara, il quale ha spiegato che “a Palma di Montechiaro a gestire ogni cosa c’è Rosario Pace. Quella scoperta a Palma di Montechiaro non è però la tradizionale Cosa Nostra, ma per gli investigatori ne ricalca lo schema organizzativo: si tratta del “paracco”. Sempre Quaranta ha descritto le “famigghiedde” costituite da una decina di persone, i “paraccari”, che hanno una struttura gerarchica composta da capi, sottocapi e capidecina.
LA POLITICA. In manette il consigliere comunale di Palma di Montechiaro, ritenuto capodecina dell’organizzazione, Salvatore Montalto, 52 anni, dipendente dell’Unicredit. Quest’ultimo, nel giugno del 2017, è stato eletto con poco più 400 voti. L’associazione mafiosa avrebbe inoltre cercato di infiltrarsi all’Ars, offrendo sostegno elettorale “a un inconsapevole onorevole eletto all’Assemblea regionale siciliana con l’aspettativa di ricevere favori, assunzioni pubbliche e richieste di interessamento”. Voti indirizzati su Carmelo Pullara, di “Idea Sicilia Popolari e Autonomisti Musumeci Presidente”. “Nessuna condotta illecita da parte mia. Pago lo scotto di una ingenuità e carenza di conoscenze e al netto dei voti di Palma di Montechiaro sarei comunque risultato democraticamente il primo degli eletti”, si è affrettato ieri a dichiarare lo stesso Pullara, attualmente componente della commissione antimafia.