Stanchi dell’assenza di risposte da parte delle autorità egiziane e soprattutto dei tanti tentativi da parte del Cairo di ostacolare il raggiungimento della verità sulla morte di Giulio Regeni, i pm romani si preparano a chiudere le indagini preliminari sul sequestro, le torture e la morte del ricercatore friulano di 28 anni, scomparso nella capitale egiziana il 25 gennaio 2016 e trovato cadavere il 3 febbraio successivo lungo la strada che collega la stessa capitale ad Alessandria. E a tal fine ieri gli investigatori hanno preso parte a un vertice al Cairo.
IL PUNTO. A far accelerare gli inquirenti il particolare che sono ormai quasi due anni che sono stati inscritti sul registro degli indagati cinque appartenenti alla National Security egiziana ed è così necessario tirare le somme dell’inchiesta. All’incontro nella capitale egiziana hanno preso parte una delegazione del Ros e dello Sco, inviata in Egitto dal procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, e dal pm Sergio Colaiocco Roma, e un nuovo vertice, se la situazione legata alla pandemia dovesse consentirlo, potrebbe essere programmato a Roma già la prossima settimana.
Dall’incontro in videoconferenza tra magistrati italiani ed egiziani del primo luglio scorso non sono del resto più emerse novità di rilievo e gli inquirenti romani sono ancora in attesa di risposte concrete legate alla rogatoria avanzata nell’aprile dello scorso anno. Sono in attesa, in particolare, “dell’elezione di domicilio da parte degli indagati, della presenza e delle dichiarazioni rese da uno di tali 007 in Kenya nell’agosto di tre anni fa e di altre attività finalizzate a chiarire una volta per tutte il ruolo svolto da altri elementi della National Security in stretti rapporti con i cinque indagati. Alla fine dei due incontri, in piazzale Clodio tireranno infine le somme e decideranno appunto se chiudere le indagini preliminari.
Ieri Erasmo Palazzotto, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, ha auspicato che l’incontro tra i team investigativi della Procura di Roma e del Cairo sia propedeutica ad una risposta completa da parte egiziana alla rogatoria dei magistrati italiani entro i termini ormai ristretti per la conclusione delle indagini”. “Tale circostanza – ha specificato Palazzotto – pone in capo al Governo la responsabilità di esercitare ogni tipo di pressione diplomatica nei confronti dell’Egitto per ottenere questo risultato. In assenza di una risposta adeguata dovremo prendere atto della mancata cooperazione giudiziaria e trarne, nei rapporti con l’Egitto, le dovute conseguenze”. L’Italia non molla e vuole la verità.