A fare i conti è stata ieri Mediobanca: se la Banca centrale europea dovesse imporre davvero ai nostri istituti di credito di azzerare l’intero stock dei prestiti deteriorati, andrà in fumo il 17% degli utili da quest’anno al 2026. La mazzata che mancava per mettere definitivamente in ginocchio i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese. Tanto che anche ieri alla Borsa di Milano i titoli dei gruppi bancari hanno sofferto moltissimo, a cominciare dal Monte di Paschi di Siena, oggetto di una pressione specifica da parte dell’Eurotower. Si sono bruciate così altre centinaia di milioni di capitalizzazione, costringendo il Governo a battere per la prima volta un colpo, per quanto con una presa di posizione solo del vicepremier Matteo Salvini.
Poca cosa a fronte dell’incertezza che l’istituto centrale di Francoforte continua a creare sui mercati, esercitando la sua azione in modo adesso a dir poco ondivago. Proprio ieri, parlando al Parlamento europeo, il presidente della Bce Mario Draghi ha ribadito che il sistema finanziario ha ancora necessità di essere sostenuto, e per questo Francoforte non sta rivendendo la montagna di titoli acquistati dal 2015 a dicembre scorso con i suoi piani di Tltro, cioè il finanziamento a lungo termine del sistema bancario. In questo modo però Francoforte con una mano dà e con l’altra toglie, disorientando gli investitori. D’altra parte, le nostre banche negli ultimi anni non sono rimaste con le mani in mano, come sempre ieri ha fatto notare l’Abi (la debole associazione dei nostri istituti di credito) ricordando che negli ultimi due anni le sofferenze di tutto il sistema sono state dimezzate.
Lo strapotere della Bce e soprattutto la mancanza di contrappesi politici con l’Eurotower non lascia affatto sereni né gli operatori economici, né tantomeno i governi alle prese con un rallentamento internazionale della crescita. Per Salvini “il nuovo attacco della vigilanza Bce al sistema bancario italiano e a Mps dimostra ancora una volta che l’Unione bancaria, voluta dalla Ue e votata dal Pd, non solo non ha reso più stabile il nostro sistema finanziario ma causa instabilità, colpendo i risparmi dei cittadini e un sistema bancario come quello italiano che aveva retto meglio di tutti alla grande crisi finanziaria del 2008”. Il ministro dell’Interno ha dunque parlato di “atteggiamento prevaricatore della Bce”, che – sempre secondo Salvini – “scavalca aggravandole le recenti decisioni della Commissione e pone ora un altro tema fondamentale: può un’istituzione non politica prendere con leggerezza decisioni che influiscono profondamente sulla vita e i risparmi dei cittadini?”.
Secondo Salvini “indipendenza non vuol dire irresponsabilità. Occorre quindi una trasparenza assoluta sulle decisioni della Bce, come è stato recentemente ribadito dalla stessa Corte dei Conti europea, che lamenta di non essere messa dalla Bce in condizione di controllare i motivi di decisioni così rilevanti per i portafogli dei risparmiatori. Questa trasparenza è necessaria per scacciare il dubbio che la Bce faccia un uso politico dei poteri che le sono attribuiti”.
A tutto questo va aggiunto un indigeribile (e chissà se non interessato) dirigismo da parte di Francoforte sull’intero sistema del credito europeo e italiano, in grado di far crollare banche con una storia secolare, non tanto (o non solo) per le frequenti malefatte dei loro amministratori quanto per il continuo giro di vite su regole e obblighi patrimoniali al limite dell’esagerazione. Basti pensare alla durezza degli stress test con cui si misura la capacità degli istituti di credito di resistere per tre anni a ipotetiche situazioni di crisi economica, il cui effetto prima ancora che la caduta degli istituti sarebbe il disfacimento del tessuto sociale, politico e produttivo degli Stati.
La Bce ha quindi un potere gigantesco, rafforzato dall’autonomia che le è stata garantita dalla politica. E dire che questo potere le è stato conferito dai Paesi sovrani, che si sono spogliati della prerogativa di emettere moneta e hanno dato carta bianca in tal senso a una istituzione emblematica dell’euroburocrazia. Purtroppo ormai tornare indietro non sarà facile, anche perché i poteri forti berlinocentrici non cederanno di un millimetro sulle competenze di un’Eurotower che guarda caso è l’unica Autorità comunitaria pretesa fisicamente in Germania. Ma il vento del cambiamento che attraversa l’Europa non è detto che un giorno non arrivi anche li.