Questione di pochi giorni. Dopo un percorso che più tortuoso non si immaginava, tra fibrillazioni e polemiche di ogni tipo, sapremo finalmente chi tra Hillary Clinton e Donald Trump comincerà a guidare gli Stati Uniti. Ma sulla base delle due opzioni, e tenendo conto dei network che si sono delineati in questi mesi, è possibile individuare le pedine a cui una Clinton o un Trump presidente si affiderebbero per decidere le mosse americane in Italia. A partire dalla scelta del nuovo ambasciatore destinato a prendere il posto di John Phillips. Tra gli uomini di riferimento del clan Clinton sulle questioni italiane, per esempio, non c’è un americano, ma un inglese. Si chiama Matt Browne, da molti ribattezzato il “golden boy” dell’ex premier inglese Tony Blair. Browne, che si definisce “Yorkshireman” e amante di Stamford Bridge, ossia lo stadio delle Chelsea, oggi siede nel consiglio di amministrazione di Policy Network, think tank progressista basato a Londra e guidato da un altro blairiano doc come Peter Mandelson, già commissario europeo al commercio.
IL PROFILO
Grazie al Blair, in pratica, Browne ha messo a segno quell’upgrade che lo ha segnalato anche agli ambienti progressisti a stelle e strisce, dove i Clinton contano da sempre. Ma il grande salto americano si è registrato con il suo ingresso nel Centre for American Progress, altro think tank liberal, stavolta con sede a Washington. E qui i collegamenti parlano da soli. Questo pensatoio Usa, infatti, è stato fondato da John Podesta, che non solo è stato capo dello staff di Bill Clinton, ma ora è responsabile della campagna di Hillary. Per non parlare del recente passato “lobbistico” di Browne, che fino a non molto tempo fa ha occupato il ruolo di capo public affairs di Apco Worldwide, molto attiva anche in Italia, una delle più grosse società di comunicazione e lobbying. E per finire c’è una traccia che porta a Matteo Renzi. Si dà infatti il caso che Browne oggi sieda anche nel comitato editoriale di Volta, l’ultimissimo pensatoio di area renziana nel quale convivono pure Marco Carrai, fedelissimo Richelieu del premier, e Paolo Barberis, creatore dell’incubatore di start up Nana Bianca e successivamente assurto al rango di consigliere per l’innovazione del medesimo presidente del consiglio. Insomma, sono in molti a scommettere che in caso di vittoria della Clinton sarà Browne a dare le carte in Italia. E potrebbe passare per il suo consiglio l’individuazione del prossimo ambasciatore Usa a Roma.
GLI ALTRI
E se invece vincesse Trump? In questo caso l’identikit del gran consigliere per le questioni italiane corrisponderebbe al nome di Michael Ledeen, neocon di lungo corso, già esponente del think tank American Enterprise Institute e vicino all’allora amministrazione repubblicana di Ronald Reagan. Ledeen, esperto di sicurezza e intelligence, più volte indicato come vicino alla Cia, conosce molto bene l’Italia. Ed è stato chiamato in ballo anche in alcune vicende oscure della storia italiana (Sismi, P2, Sigonella). Oggi siede nella Foundation for defense of democracies, che promuove la lotta al terrorismo, e si è fatto notare per aver scritto un libro sulle strategie contro l’Islam radicale con Michael T. Flynn. Quest’ultimo è un generale americano che con Barack Obama ha guidato la Defence Intelligence Agency. Ma soprattutto, anche per alcuni toni critici usati verso i Democratici, Flynn è ascoltatissimo da Trump. Al punto che qualche tempo fa la stampa Usa lo aveva indicato come possibile vicepresidente nel caso in cui Donald dovesse vincere le presidenziali. Insomma, un link molto importante che parrebbe legare Trump a Ledeen. Il quale in Italia vanta un solido legame con il solito Carrai.