Paola Pizzighini, consigliera regionale, il M5S Lombardia ha pronta una mozione che chiede alla Giunta di attivarsi presso il ministero dell’Istruzione per inserire nella programmazione didattica fin dalle scuole primarie ore di insegnamento dedicate all’educazione all’affettività. Cos’altro chiedete?
“Una serie di cose che dovrebbero coprire tutte le problematiche relative al tema della violenza di genere. è importantissimo partire dalle scuole e dall’educazione dei ragazzi, per cui, oltre a chiedere che l’educazione all’affettività parta subito dalle scuole elementari, chiediamo che per le scuole di primo e secondo grado venga introdotta l’educazione alla sessualità, come già avviene in quasi tutti i paesi europei. L’altro aspetto è la narrazione della storia, che di solito è fatta da uomini, per cui chiediamo che nelle scuole ci siano dei moduli dedicati alla storia delle donne. Va rivista la storia dal punto di vista femminile. Nella mozione chiediamo anche un’implementazione delle campagne informative sulla violenza e sugli stereotipi di genere: già si stanno facendo, ma riteniamo si possa fare di più. Chiederemo maggiori finanziamenti per i centri antiviolenza che sono dei punti di riferimento molto importanti, e per la formazione del personale docente, perché è necessario che per primi siano gli insegnanti a sapere cosa dire su queste materie. Infine, una cosa molto semplice ma che deve essere fatta: mettere nella home page del sito di Regione Lombardia il logo del 1522, il numero anti violenza e stalking”.
Quando sarà portata in aula la vostra mozione?
“Nel consiglio regionale di martedì prossimo, la volontà è quella di condividerla con la maggioranza e di farla approvare, penso che su questa materia si possa agire su un terreno comune ed essere trasversali al di là dei colori politici”.
Dopo la pandemia, l’Italia ha assistito a un aumento dell’1,5% dei casi di femminicidio. Nel 2023, inoltre, si è assistito a un aumento del 14% dei casi di delitti commessi in ambito familiare/affettivo. Siamo al quarto posto tra i Paesi europei con il più alto numero di donne uccise. Che spiegazione ne dà?
“C’è una maggiore consapevolezza delle donne, della loro autonomia, e lo dimostra anche l’aumento delle denunce. Ma questo va in conflitto con un atteggiamento maschile che teme questo tipo di autonomia. Penso che quello che entrato in crisi sia proprio il modello maschile ed è quello che deve essere rivisto. L’educazione nelle scuole deve essere rivolta soprattutto ai ragazzi, ai maschi, in modo da avere una nuova consapevolezza del proprio ruolo e non sentirsi in competizione col mondo femminile”.
La famiglia che ruolo svolge?
“La crisi dell’educazione familiare la vediamo in tantissimi effetti negativi, dal bullismo all’intolleranza per il diverso, fino alla violenza di genere. La famiglia non è più in grado di dare una vera educazione, lo si nota dalla reazione dei genitori quando i ragazzi non vanno bene a scuola, la prima cosa che fanno è prendersela con gli insegnanti e non mettere in discussione i figli. C’è un vuoto educativo, l’incapacità di affrontare i problemi”.
“Quelle che se la cercano” è il titolo di un convegno che avrebbe dovuto svolgersi domani e che è stato rinviato. Perché questo titolo?
“è evidentemente provocatorio, riprendiamo gli stereotipi della società patriarcale nella quale una donna si deve comportare in maniera diversa da un uomo perché deve mettere in atto, per la sua sicurezza, tutta una serie di precauzioni che un uomo può non prendere, per cui, se non lo fa, sostanzialmente se la va a cercare. E’ una critica di base al modo di approcciarsi al mondo femminile e alle sue libertà, infatti il sottotitolo è “Stereotipi di genere e violenza contro le donne”.
Nel corso del convegno saranno presentati dei dati?
“Abbiamo invitato docenti universitari ma anche rappresentanti delle associazioni che si interessano in concreto di queste tematiche sia italiane che straniere e quindi sicuramente ognuno porterà la sua esperienza sul campo e i dati su questo fenomeno”.