L'Editoriale

Vittimismo a colpi di fiducia

Vittimismo a colpi di fiducia

Vittimismo a colpi di fiducia

Giorgia Meloni ce l’ha fatta, il suo governo è primo per rapporto tra questioni di fiducia e leggi approvate. È la stessa Meloni che nel 2006 definiva il voto di fiducia “un errore drammatico” e nel 2015 “una scelta oligarchica”. La stessa persona che all’opposizione lo definiva “una vera e propria vergogna” nel 2017 e che solo tre anni fa parlava di “una mortificazione del Parlamento, una deriva democratica“. Come si cambia, per non morire (politicamente). Nelle ultime settimane lo sprint sui voti di fiducia ha interessato lo sport, la scuola, le politiche di coesione e l’agricoltura.

Negli ultimi due casi il governo si è esibito addirittura in una doppietta: voto di fiducia alla Camera e voto di fiducia al Senato. Un doppio passo che ha falciato qualsiasi discussione, qualsiasi timido tentativo di emendamento. Il Parlamento ridotto a passacarte dei desiderata del governo. Come sottolinea Openpolis in termini assoluti, tra i governi delle ultime legislature, infatti solo quello guidato da Matteo Renzi ha fatto un ricorso maggiore allo strumento. Il ricorso alla fiducia evita parecchi problemi. Da un lato evita che deputati e senatori possano modificare in maniera sostanziale un provvedimento ritenuto particolarmente importante dall’esecutivo. Torna utile anche per velocizzare i tempi dell’iter di approvazione. Porre la questione di fiducia in entrambe le Camere è la massima limitazione del Parlamento.

L’attuale esecutivo, scrive Openpolis, si avvia a diventare quello che ha fatto il ricorso più massiccio alla fiducia sotto diversi punti di vista. Il governo Meloni dall’inizio della legislatura ha utilizzato 58 voti di fiducia. Solo la compagine guidata da Matteo Renzi riporta un dato più alto (68). Bisogna però considerare che questo esecutivo è rimasto in carica per quasi tre anni mentre l’attuale si trova a palazzo Chigi da meno di due. Al terzo posto poi troviamo il governo Draghi che ha fatto ricorso alla fiducia in 55 occasioni durante i 20 mesi in cui è rimasto in carica. Il governo Meloni sale invece al primo posto se si considera il rapporto percentuale tra voti di fiducia e disegni di legge approvati.

Durante il mandato dell’attuale esecutivo infatti sono entrate in vigore 129 norme, per un rapporto fiducie/leggi pari al 45% circa. Al secondo posto troviamo in questo caso il governo Monti (42,5%) seguito dagli esecutivi Conte II (39,4%) e Draghi (37,4%).

Sulla fiducia

Tra i provvedimenti più recenti approvati attraverso una doppia fiducia troviamo i Ddl di conversione di 4 decreti legge particolarmente rilevanti. Si tratta del Dl Pnrr quater, del decreto superbonus e dei Dl coesione e agricoltura. Altri provvedimenti particolarmente rilevanti approvati attraverso un doppio ricorso alla fiducia sono la legge di bilancio per il 2023, il decreto aiuti quater, il decreto Caivano, il decreto sud, il Dl immigrazione e sicurezza e il decreto milleproroghe 2024. Per ben 21 disegni di legge il governo ha messo alla fiducia sia alla Camera che al Senato.

Solo il governo Renzi fa registrare un dato lievemente superiore (22) ma questo esecutivo è rimasto in carica molto più dell’attuale. Anche in questo caso quindi è molto probabile che il governo Meloni diventerà presto l’esecutivo con il maggior numero di provvedimenti approvati con doppia fiducia tra quelli degli ultimi anni. L’autoritarsimo dolce ha molte facce. Passa attraverso la compressione del diritto all’informazione, occupando gli spazi del servizio pubblico e intimidendo gli altri con querele spesso temerarie. Passa attraverso la mostrificazione dell’opposizione per poi passare al vittimismo. Infine ha bisogno dello svuotamento del Parlamento per legittimare il comando al posto del governo.