In fondo, ai coup de théâtre di Beppe Grillo eravamo abituati. Ma forse ci saremmo aspettati di vederlo alla guida di un carro funebre in altre circostanze. Magari quel giorno di febbraio del 2019, quando, con una manovra di palazzo, si consumò il “conticidio” che mandò a casa il governo giallorosso per rimpiazzarlo con la grande ammucchiata costruita a tavolino intorno a Draghi. Invece, quel giorno, dopo aver benedetto le alleanze dei 5 Stelle, prima con la Lega e poi con il Pd, il fondatore-garante, che oggi tuona contro la deriva dei valori del Movimento, si spese energicamente per un posto in prima fila nell’esecutivo dell’ex banchiere – il nonno al servizio delle istituzioni – scambiato, ironia della sorte, per “grillino”, da chi aveva da sempre avversato tutto ciò che, con il suo curriculum, rappresentava.
Ci saremmo aspettati che, ravvedutosi dopo l’abbaglio iniziale, a bordo di quello stesso carro funebre con cui oggi vorrebbe celebrare il funerale dello “stramorto” (ma “compostabile”) Movimento, Grillo si fosse presentato al dicastero della Giustizia mentre la ministra Cartabia del “grillino” Draghi demoliva a colpi di improcedibilità la legge anticorruzione di Bonafede, che con l’ingresso in quel governo i 5 Stelle avrebbero dovuto presidiare. O quando il ministro Cingolani, benedetto da Grillo in persona per assicurare la transizione energetica verso fonti rinnovabili, si rivelò un convinto sostenitore del ritorno al nucleare. Ce ne sarebbero state molte altre di occasioni per tornare allo spirito delle origini, quello del vaffa day, anche con il governo Meloni.
Ci saremmo aspettati, per esempio, di vederlo alla guida di un carro funebre anche il giorno dell’abolizione del Reddito di cittadinanza, misura simbolo dei 5 Stelle. Neppure in quell’occasione, però, lo abbiamo sentito indignarsi come fa oggi contro il Movimento che ha contribuito a costruire, portandolo al governo del Paese e che oggi, dopo una lunga serie di scelte discutibili, vorrebbe seppellire. Ma forse dovrebbe lasciare questa decisione agli attivisti e agli elettori. A meno che, a proposito di spirito delle origini, non abbia rinnegato il principio dell’uno vale uno, ritenendosi più uguale degli altri.