La cosa più divertente è che in passato nessuno più di Matteo Salvini ha condannato quei parlamentari che cambiano casacca, eletti grazie ai voti di una forza politica e poi transfughi in altri lidi, senza sentire l’obbligo di dimettersi o di rispettare gli accordi presi con chi li ha candidati. Nella prima Repubblica questo fenomeno non era così frequente come adesso, e allora deputati e senatori si portavano dappresso cospicue dotazioni di consensi personali, al contrario di quanto accade con l’attuale sistema elettorale per un gran numero di perfetti sconosciuti, il cui seggio è stato assegnato sulla base della posizione in lista.
Da ieri però tre senatori M5S sono passati alla Lega, beatamente accolti da chi parlava di vincolo di mandato e altre amenità simili. Per quale motivo e dietro quali accordi non è dato sapere, anche se qualcosa abbiamo imparato dalla vicenda del senatore Sergio De Gregorio, reo confesso di aver preso due milioni di euro in nero e pertanto arrestato e condannato, così come il benefattore Silvio Berlusconi (tre anni di reclusione per la compravendita di parlamentari inflitti nel 2015 insieme all’ex direttore dell’Avanti, Valter Lavitola).
I signori Grassi, Lucidi e Urraro non sono certo delle star del Movimento, anzi per i più sono sconosciuti quanto il Mes. Se hanno ottenuto dei vantaggi o no, forse non lo sapremo mai e senza prove non possiamo permetterci di adombrarne il sospetto. Ma i 5S restituiscono per regola metà stipendio e dunque un vantaggio economico oggettivo questo approdo nella Lega ce l’ha. Oltre a ridare l’onore a De Gregorio.