Il dato del Viminale è impressionante: l’anno scorso sono state identificate 54 milioni di persone, cioè quasi tutti gli italiani, pargoli compresi. Niente di strano, dunque, se la stessa sorte è toccata al pericoloso individuo che ha gridato “viva l’antifascismo” alla Scala o ai facinorosi andati a deporre un fiore in ricordo di Navalny, il grande nemico di Putin che ha fatto la stessa fine degli altri nemici di Putin.
Quello che è strano, invece, è che nei cantieri non si veda un ispettore per decenni; che il Fisco non chieda a migliaia di nullatenenti come facciano a disporre di auto di lusso e villa; o semplicemente che un esercito di falsi invalidi e di falsi disoccupati incassi i sussidi e la faccia franca. I controlli, insomma, non hanno la stessa logica, e la solerzia nello schedare chi protesta per l’Ambiente o una scuola migliore non è la stessa vista – per esempio – all’ultima adunata di fascisti ad Acca Larentia, dove i nostalgici in camicia nera sono stati identificati con calma, anche il giorno dopo la rievocazione col saluto al duce.
Delle due possibilità, perciò, se ne salva solo una: o abbiamo un sistema di controlli che non serve quasi a niente oppure ci sono categorie più sorvegliate di altre, scelte con un criterio da Stato di polizia. Dal ministero dell’Interno assicurano che non ci sono direttive particolari e tanto meno alcuna stretta alle libertà personali, ma sapere di milioni di controlli mentre i fuorilegge dilagano impunemente non è rassicurante. E il sospetto che tra questi galantuomini ci siano pure le categorie protette fa incazzare, no?