L’Italia è piena di cattivi maestri. E ancor più di professori, compresi quelli venerati come Romano Prodi. E dire che all’ex presidente dell’Iri si deve la rovinosa svendita di numerosi gioielli di Stato, o il tentativo di farlo, come nel caso della Sme (la conglomerata dell’agroalimentare nazionale con i marchi Alemagna, Cirio, Motta, De Rica e molti altri) che De Benedetti si era quasi accaparrato per due soldi.
Poi a Prodi misero in mano l’Ulivo e riuscì a battere Berlusconi, cosa per cui vive ancora di rendita, distillando qua e là consigli ai leader dem, nonostante tanta saggezza non sembri funzionare granché, visto il turnover di segretari e l’avanzata delle destre. In ogni caso, ieri il prof ribattezzato “mortadella” dai detrattori si è esibito in una nuova lezione, spiegando a Giuseppe Conte che deve allearsi a tutti i costi con Calenda. Il leader 5S gli ha risposto che è impossibile marciare insieme a chi sputa tutti i giorni sul Movimento, ma Prodi non ha sentito ragioni, sentenziando che in questo modo la Meloni vincerà sempre.
Una conclusione empirica, dato che nei casi in cui si è fatto il campo larghissimo, esteso persino a Renzi, si è regolarmente perso. Al contrario, basta copiare dalla premier per vedere che gli alleati servono se sono gestibili, mentre quelli impresentabili vanno tenuti lontano, quanto meno dai cartelli elettorali, come Fratelli d’Italia ha fatto con CasaPound, con Forza Nuova o con Italexit quando c’era Paragone. Una forza politica che ha contenuti chiari può pure perdere le elezioni, ma se vince potrà governare realizzando le cose che servono agli italiani.
L’Ulivo invece governò pochissimo, immobilizzato dalle rivalità interne, e quando cadde lasciò le basi per le successive vittorie di Forza Italia e della Casa delle libertà. Un disastro, insomma, che consiglierebbe di archiviare quella stagione, imparando qualcosa dalle batoste prese. Ma a sinistra si sa, la sindrome di Tafazzi è senza cura. E fin quando certi monumenti viventi ai caduti di tutte le guerre non andranno in pensione, la nuova leadership non avrà vita facile nello scrivere una storia nuova.